I minerali di conflitto sono quei minerali che vengono estratti sotto il controllo di bande armate e signori della guerra che sfruttano le popolazioni locali e le pongono in condizioni di schiavitù per finanziare il loro commercio. Negli ultimi 40 anni circa il 60% dei conflitti ha avuto una qualche connessione con i cosiddetti minerali di conflitto. Nello specifico sono quattro: lo stagno, il tantalio, il tungsteno e l’oro.
Lo stagno è un elemento chimico argenteo della tavola periodica che ha simbolo Sn. Una caratteristica particolare è che non si ossida facilmente all’aria e resiste alla corrosione infatti si usa in molte leghe e anche per ricoprire altri metalli più vulnerabili alla corrosione. Viene impiegato nella produzione di specchi e di leghe per uso odontoiatrico.
Il tantalio è un metallo di transizione di colore blu-grigio, molto resistente alla corrosione, soprattutto all’attacco degli acidi, ed è un buon conduttore di calore ed elettricità. Si estrae principalmente in Congo e in Nigeria ed ha moltissime applicazioni: si usa in strumenti chirurgici, nelle protesi intracorporee, nella telefonia mobile, per la produzione di casse per orologi da polso e per alcuni tipi di vetrini.
Il tungsteno è un metallo di transizione di colore bianco/grigio e viene estratto nella Repubblica Democratica del Congo. Viene utilizzato nel tiro con l’arco per la produzione di punte per le frecce e per la produzione di lampadine ad incandescenza.
L’oro è un metallo di transizione di colore giallo, è inattaccabile dalla maggior parte dei composti chimici e si trova allo stato nativo sotto forma di pepite. Viene utilizzato fin dall’antichità per produrre le monete e si usa anche nella gioielleria e nell’industria elettronica. Il coltan è un minerale, di solito di colore nero metallico, estremamente prezioso ed essenziale per il funzionamento dei nostri smartphone e molto utilizzato nell’industria elettronica, informatica e automobilistica. La sua estrazione è spesso associata a condizioni di sfruttamento, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo perché è un minerale piuttosto raro.
Il Congo è un paese ricchissimo di risorse come ad esempio oro, cobalto e diamanti ma che è sfruttato da più di un secolo, restando uno dei 10 Paesi più poveri del mondo. La maggior parte delle miniere di coltan si trovano nella zona orientale del Paese, qui il Paese è sotto il controllo di gruppi armati che fanno la gara a chi possiede più miniere: ci sono gruppi di militari provenienti dai vicini Rwanda e Uganda, ciascuno dei quali vuole mettere le mani su quanto più coltan possibile per arricchirsi. Questo scontro tra milizie e il conseguente sfruttamento illegale delle miniere ha portato il Paese nel baratro, causando oltre 11 milioni di morti e almeno 5 milioni di sfollati negli ultimi decenni. Nonostante le accuse contro multinazionali coinvolte nel traffico illegale e i gravi impatti sui diritti umani, il tema riceve poca attenzione dai media. Nel caso del coltan la pericolosità dell’estrazione deriva dal fatto che le norme di sicurezza sono inesistenti. Poi, come se il lavoro non fosse già abbastanza massacrante di per sé, gli uomini vengono a contatto con elementi radioattivi presenti nelle rocce e nel sottosuolo come radon, uranio, radio e torio. Da qui, tutta una terribile serie di malattie. Anche la paga, ovviamente, è quasi inesistente. Queste persone vengono pagate meno di 2 dollari al giorno – quando vengono pagate – e si ritrovano a lavorare qui per disperazione.
Fortunatamente la situazione è sempre più nota a livello internazionale e, per questo motivo, esistono numerose leggi che impongono alle aziende di acquistare niobio e tantalio provenienti da rivenditori autorizzati, così da limitare al minimo il finanziamento ai gruppi di miliziani che controllano le miniere. In teoria questo dà la certezza che il niobio e il tantalio provengano da miniere “ufficiali”, anche se a volte saltano fuori aziende con apparenti forniture provenienti dal Congo che vengono accusate di finanziare indirettamente i miliziani locali. Anche noi singoli cittadini, però, possiamo fare la nostra parte. Cambiare meno cellulari, comprare meno dispositivi elettronici e soprattutto riciclarne molti di più. Questo permette di abbattere la domanda di niobio e tantalio e, quindi, migliorare le condizioni di vita dei minatori più sfruttati. I minerali di conflitto rappresentano una questione sociale molto complessa.
Da studentesse, ci colpisce profondamente come il nostro stile di vita moderno possa avere conseguenze devastanti in altre parti del mondo. Quando pensiamo a minerali come il coltan, il tungsteno, o l’oro, ci rendiamo conto che dietro il nostro telefono o il nostro computer ci sono storie di sfruttamento, violenza e guerre.
È inquietante sapere che le risorse minerarie, invece di portare sviluppo, possono alimentare conflitti e violazioni dei diritti umani. L’idea che il nostro desiderio di tecnologia e di comodità possa contribuire a sofferenze così grandi, è difficile da accettare. Credo che sia fondamentale che noi, come consumatori, ci informiamo e facciamo scelte più consapevoli.
Inoltre, il ruolo delle aziende e dei governi nel garantire una filiera etica è cruciale. Dobbiamo chiedere maggiore trasparenza e responsabilità. La questione dei minerali di conflitto ci sfida a riflettere su come possiamo davvero fare la differenza, anche attraverso piccole azioni quotidiane. Solo così possiamo sperare di costruire un futuro più giusto e sostenibile.
Giada Annoscia e Emilia Balice