Nel mondo dei giovani è diventata oramai un’abitudine aggiungere alle domande “come ti chiami” e “quanti anni hai”, anche il più criticato quesito: “in quali pronomi ti identifichi?” Ma è veramente qualcosa di necessario? Si può essere accusati di apparire “offensivi” o “irrispettosi”, se si decide di non dar loro importanza?
In effetti sui social è diventato comune trovare, nella sezione della personalizzazione del proprio profilo, la famosissima e criticatissima opzione “pronomi”, che permette a ciascuno di scegliere la propria preferenza linguistica di identità (essere nominati al maschile, al femminile ed eventualmente al plurale).
Questa innovazione è arrivata su tutte le piattaforme più frequentate e famose soprattutto tra i giovani, al fine di dare a tutti gli utenti la possibilità di essere se stessi, senza dover provare alcuna sensazione di disagio o di esclusione.
Nonostante l’idea di base sia quella di non lasciare nessuno fuori dalla cerchia, tuttavia la cultura corrente e la mancata conoscenza dell’argomento ne ostacolano l’intenzione originale.
Tale problema dipende principalmente dal fatto che le parole “genere” e “sesso” vengano tutt’oggi usate come sinonimi, nonostante non lo siano affatto. È facile confondersi poiché solo ora, dopo anni e anni di proteste cominciate soprattutto negli anni Sessanta del secolo scorso, si sta effettivamente affrontando la questione.
Il punto di svolta consiste nell’andare oltre l’idea che il sesso biologico con cui si è nati debba per forza coincidere con il genere in cui ci si identifica.
Più in particolare, una persona si definisce cisgender se il sesso di nascita e l’identità di genere corrispondono, tuttavia sono da definire “giuste e normali” anche le diverse classificazioni, coniate nel corso degli anni, che hanno consentito ad ognuno di potersi sentire a proprio agio con il proprio corpo e con la propria identità.
Non è infatti il “pronome” che ci contraddistingue in base al nostro sesso di nascita a definire totalmente l’orientamento sessuale di una persona, poiché lo stesso si basa su altri fattori. Dunque, è fondamentale rispettare quelle che sono le scelte altrui poiché, a tutti gli effetti, sono proprio queste scelte a renderci unici e nello stesso tempo uguali agli altri (dove per “uguali” si intende con gli stessi diritti).
Eva Armenise (Liceo delle Scienze Applicate Margherita Hack)