Noi della 5^ D dell’Anna Frank, per non dimenticare

Cosa è successo nelle scuole italiane nel 1938, quando sono state emanate le leggi razziali? E se la tua migliore amica fosse stata ebrea? E se il suo banco fosse rimasto vuoto? Basta chiudere gli occhi e immaginare…

SARA E LILIANA DIVISE DAL FASCISMO

La mattina del 6 maggio 1938 Sara e Liliana, due amiche che vivevano nello stesso palazzo, si incontrarono per andare a scuola insieme. Le due erano delle ragazze molto intelligenti e studiose e frequentavano la scuola secondaria. Una volta arrivate a scuola, salirono al secondo piano della struttura ed entrarono nella loro aula. Dopo le due amiche videro che tutta la classe era in assoluto silenzio perché stavano recitando una preghiera. Gli alunni, comprese Sara e Liliana, indossavano una divisa e un cappellino: il Fez per i maschi e un berretto a basco per le femmine. Le ragazze subito dopo aver detto la preghiera si sedettero ai loro posti che comprendevano un portapenne con una penna, una matita e una gomma. All’ improvviso la professoressa Giusy, una prof. molto severa e che non sopportava le prese in giro, disse a Liliana:” Ehi Segre! Lo sai che non puoi frequentare la scuola? Sei una ragazza ebrea! Esci dall’aula! “. Così Liliana, senza perdere altro tempo, preparò la cartella e uscì dalla stanza delusa. La ragazza molto dispiaciuta arrivò a casa e raccontò l’accaduto ai suoi genitori e tutti e tre scoppiarono a piangere per la tristezza. Dopo alcuni mesi la sua amica le mandò una lettera dove c’era scritto:” Liliana, sento troppo la tua mancanza, il mio desiderio è quello di incontrarti perché l’amicizia non ha confini”. Così la Segre commossa pensò che domani mattina, quando Sara usciva da scuola, poteva presentarsi di nascosto nel cortile. La mattina dopo, alle 13:50 Liliana era pronta nel giardino per farle la sorpresa. In lontananza vide la sua amica Sara avvicinarsi a lei e…Sorpresa! Così le due ragazze si diedero un profondo abbraccio e si dissero:” Ricordati, l’amicizia non ha confini!”.

Angelica Alizzi

DUE AMICHE DIVISE DAL FASCISMO

Ad un tratto tutta via Roma si fece silenziosa. – “Dimmi che non è vero, Anna.” – dissi con una voce striminzita.

“Invece è vero Sofia, quest’anno non potrò più frequentare la scuola”. Il 5 settembre 1938 a causa delle leggi razziali i bambini ebrei non poterono più andare a scuola. Io promisi ad Anna che le avrei trascritto tutti gli argomenti scolastici e che li avrei portati nel nostro luogo segreto per darglieli. Anna era una ragazza con occhi azzurro cielo ed era la prima della classe. Mio padre mi vietò di incontrarla. Era il sabato prima del Natale ed ero nel nostro luogo segreto per dare i compiti ad Anna. Faceva freddo ma io aspettai. La vidi arrivare da lontano: io corsi per abbracciarla e pure lei. Notai che aveva la divisa scolastica e le chiesi: “Perché hai la divisa scolastica?” e lei mi rispose che era andata a salutare la maestra. Ad un tratto mi sentii strattonare: era mio padre, mi aveva seguita! “Non ti avvicinare più a mia figlia perché sei di razza inferiore”. Piansi, non avevo mai provato tanta tristezza in vita mia. Chiesi a mio padre cosa significava essere di razza inferiore ma lui mi ignorò. Il giorno dopo a scuola pensavo ancora ad Anna. La maestra mi chiese:” Che cos’hai Sofia? – “Niente, sto bene!” – risposi pensierosa. Tornando a casa vidi Anna e corsi verso di lei alla velocità della luce. “Addio Sofia, non ci vedremo mai più.” Io stupita dissi: “Perché mi hai detto questa cosa, tu rimarrai qui, vero?”– “Io non potrò più vederti.” – disse Anna. Io caddi a terra e con il cuore in gola vidi Anna andarsene con suo padre. Io la salutai e non la vidi mai più.

Stefano Vetrugno

MERON, UNA PICCOLA EBREA.

Roma 1938, una giornata come tante per la piccola Silvia che si stava recando a scuola con la sua divisa delle “Giovani Italiane”. Mentre percorreva la strada per andare a scuola, si accorse di una casa bianca e di una ragazza affacciata alla finestra; si domandò il perché non fosse a scuola. Terminata la scuola, Silvia si avvicinò a quella casa e chiese a quella bambina perché stesse lì da sola. “Io sono ebrea.” disse la bambina e Silvia le chiese il suo nome. La bambina ebrea le rispose che si chiamava Meron e le domandò quale fosse il suo nome. Silvia rispose ma accorgendosi dell’ora la salutò e se ne andò. La mattina seguente, Silvia si avvicinò nuovamente a quella casa e si accorse che Meron stava leggendo un libro. “Meron! Ti va di uscire un pomeriggio di questi?” le chiese Silvia, “Oh! Ciao Silvia, che spavento! Per me va bene, potremmo fare un sabato?” disse Meron spaventata e Silvia accettò. Il pomeriggio del sabato seguente, le due bambine si incontrarono al Colosseo, parlarono e passeggiarono fino a sera e Silvia disse: “Potremmo rivederci sabato prossimo!” e Meron fu d’accordo. Erano ormai passati due mesi dal loro primo incontro e le bambine erano diventate amiche. Arrivò il sabato del 23 Maggio, era il compleanno di Silvia e in quell’occasione non si incontrarono perché Silvia doveva festeggiare il suo compleanno in casa con i suoi parenti ed amici non ebrei. La festa di Silvia era stata tutta ben organizzata giorni prima con piatti, bicchieri, tovaglia dorata e festoni con sopra il simbolo del fascismo. Silvia si annoiava ed era in pensiero per Meron, decise di organizzare una fuga all’ora e nel luogo in cui si incontravano sempre ogni sabato pomeriggio. Silvia scappò di casa proprio nel giorno del suo compleanno ma decise di andare direttamente a casa di Meron e bussando alla finestra di casa sua, fu accolta da Meron che uscì subito da casa. “Ma Silvia che ci fai qui? E il tuo party?” chiese Meron e Silvia le rispose: “Mi stavo annoiando! E poi sono meglio le vere amiche che uno stupido party!” Meron le chiese quanti anni facesse e Silvia rispose che aveva compiuto 9 anni. Passò un anno e la loro amicizia segreta doveva terminare, Silvia sconsolata confessò a Meron che doveva trasferirsi in un paesino in Svizzera. Meron scoppiò a piangere e le chiese il perché ma Silvia non sapeva nemmeno lei il perché … Entrambe dissero: “E’ stato bello stare con te!” Le due bambine non si videro mai più ma dentro di loro restarono per sempre amiche.

Myriam De Serio

DUE AMICHE INSEPARABILI

Nel 1938 a Roma c’erano due migliori amiche: Anna e Viola. Anna era sempre allegra, aveva i capelli color carota e gli occhi verdi scuro come le foglie di un albero; era vestita con un vestitino marrone e una maglia bianca con dei pois rosa. Viola invece aveva i capelli biondi ondulati e gli occhi azzurri come il cielo; era vestita con una gonna rosa e un top bianco. Loro erano due “migliori amiche” diverse solo perché Viola era ebrea, ma questo non intralciava la loro amicizia. Si vedevano ogni giorno a scuola ed erano compagne di banco. Andavano sempre a scuola a piedi insieme, ma un giorno Viola non scese e Anna andò da sola a scuola. Viola non andò proprio a scuola e quando Anna tornò a casa le scrisse una lettera. Visto che erano vicine di casa, Anna decise di aggrapparsi su un albero e mise la lettera sul davanzale esterno della finestra. Aspettando una risposta fece i compiti, nel pomeriggio tardi fece una pausa e quando tornò nella sua stanza; c’era una lettera davanzale ed era scritto “da Viola per Anna”. Si sbrigò ad aprirla e sopra le parole in inchiostro c’era scritto che Viola non poteva più tornare a scuola per le leggi razziali.  Appena Anna lesse tutto non riuscì neanche a respirare si mise a piangere e a singhiozzare. Rileggendo la lettera e bagnandola di lacrime si accorse che dietro c’ erano tutte le loro foto insieme e si sentì così male che lanciò il foglio e si sdraiò sul letto piangendo. Dopo alcune settimane, le mando un’altra lettera e sopra c’era scritto di rivedersi nella tana sull’albero che avevano costruito insieme e lei le rispose di sì. Al tramonto erano tutte e due sull’albero nella tana coperta dalle foglie, parlarono un po’ e si misero a piangere. Dopo però dissero di vedersi ogni giorno là e le due amiche non si separarono mai.

Ginevra Feroni  

CAMILLA ed ENRICA, Roma 1938

Camilla ed Enrica erano due grandi amiche che frequentavano la stessa scuola. Si incontravano ogni giorno alle 8 per andare a scuola. Loro erano compagne di banco, indossavano una camicetta bianca con una gonna nera e un cappello nero. Quando era l’ora di ricreazione prendevano la merenda e iniziavano a parlare. Appena finiva la ricreazione si cambiavano e andavano nel campetto di calcio, mentre i ragazzi si allenavano per diventare futuri soldati. Le ragazze praticavano il tiro con l’arco e giocavano a basket. Quando finivano educazione fisica si cambiavano e andavano nella classe di aritmetica. Dopo due ore, tra addizioni e moltiplicazioni, finalmente era finita l’ora e tornavano a casa. Qualche giorno dopo Enrica non trovò Camilla a scuola. Dopo settimane e settimane Enrica decise di scriverle una lettera in cui diceva di incontrarsi nella via del fantasma, incontrò Camilla, l’abbracciò e le chiese cosa fosse successo. Camilla le spiegò che era ebrea e non poteva più frequentare la scuola. Dopo alcuni giorni, il padre di Enrica scoprì che si incontrava con la sua amica ebrea. Enrica disse a Camilla che comunque sarebbero rimaste amiche inseparabili, perché la loro amicizia era così profonda che nessuno le avrebbe mai separate.

Camilla Feroni

L’ABBRACCIO DELLA SPERANZA

Mentre Luisa, una bambina ebrea, camminava verso la scuola con la sua amica Martina, una bambina cattolica, Luisa, venne fermata da due soldati con uno strano simbolo sul cappello. Solo poco dopo le due amiche capirono che quei soldati erano dei nazisti. Martina scappò dalla paura lasciando Luisa da sola con i due soldati che ormai avevano già preso la bambina, l’avevano portata in un posto per lei buio e pauroso. Qualche minuto dopo i due soldati nazisti ormai non c’erano più, ma Martina, ignara che la sua amica fosse stata rapita, tornò con un gruppo di 4 poliziotti, che prima non volevano ascoltarla, ma poi andarono comunque a controllare; e quando Martina vide la stradina vuota, scoppiò in lacrime. I quattro poliziotti si guardarono e cercarono di rassicurare Martina, portandola piano piano verso la scuola. Quando Martina entrò in classe già piangente, vedendo la classe mezza vuota, cercò di non pensare al peggio. Il giorno dopo, Martina, sperando di ritrovare tutti i suoi compagni di classe, si avviò verso la sua classe, già pronta a vedere Luisa e i compagni mancanti in buona salute, ma quando aprì la porta, il suo sorriso svanì, non c’erano né Luisa, né alcuni dei suoi compagni e nemmeno la maestra. Ma al suo posto c’era un altro soldato nazista, il soldato spiegò a tutta la classe che da quel giorno in poi sarebbe stato lui e altri soldati a fare lezione e che le classi sarebbero state divise tra maschi e femmine. Martina rimase incredula, essendo nel 1938, non pensava che ci sarebbe mai stata questa divisione. Per altri due anni, la scuola continuò ad andare avanti in questo modo, con sempre meno abitanti nella cittadina in cui abitava. Ma nel 1940, una sorpresa le cambiò la vita: Luisa si presentò a casa di Martina, anche se un po’ debole e con diversi lividi in corpo, ma le due amiche divise ormai da tempo, non esitarono ad abbracciarsi. Quel giorno quasi tutti gli abitanti ritornarono nella città. Anche se alcuni di loro non di presentarono, Martina fu comunque felice di rivedere tutti i suoi vecchi amici che non vedeva ormai da tempo. Martina si promise che avrebbe vendicato tutti quelli che avevano osato far del male ai suoi amici di scuola.

Brindicci Rachele Maria

Abbasso il fascismo!

Era il 1938, ero a scuola e la maestra ci stava spiegando come bisognava fare le capriole. Ad un certo punto sentimmo bussare alla porta, era il preside che teneva dei documenti in mano. Chiamò Luisa, la mia migliore amica e altri due bambini. Io ero preoccupata per lei perché non aveva combinato niente di male. Dopo circa un’ora Luisa rientrò tutta triste. Si sedette e incominciò a piangere; io le chiesi con dolcezza perché stesse piangendo. Lei rispose che non poteva più venire a scuola perché era ebrea. Io feci un salto e pensai che stesse scherzando ma lei disse di no. Volevo morire per la tristezza perché non potevo lasciare una persona che per me era il mondo. Mi alzai e l’abbracciai forte forte. Luisa con le sue delicate mani mi diede una carezza e se ne andò. Lo stesso giorno Luisa mi mandò una lettera con scritto: “Addio Marta ti voglio tanto bene”. Io mi commossi così tanto che incominciai a piangere un pò di felicità e un pò di tristezza. Sarà sempre la mia migliore amica!

Valentina Arrigoni

Un’amicizia speciale

C’ erano una volta due amiche di nome Elly e Carola. Elly era ebrea invece Carola era una semplice italiana.Elly era alta e un pò robusta con i capelli castani e lunghi e occhi verdi come l’erba. Carola, invece, era di altezza media, magra con i capelli biondi e con degli occhi azzurri come il cielo. Ogni giorno che si vedevano fuori la scuola avevano le lacrime per la gioia. La divisa dei bambini era un Fez in lana nera con uno stemma in metallo dorato che raffigurava un’ aquila in volo, camicia in cotone nero, un fazzoletto triangolare in cotone azzurro che cadeva sulle spalle e fermato al collo da un medaglione in metallo dorato raffigurante il Duce. Un bel giorno di primavera entrò in classe improvvisamente il direttore della scuola dicendo a Elly che doveva subito andare a casa sua perché avevano cambiato le leggi che dicevano chiaramente che gli ebrei non potevano andare piu’ a scuola. A sentire quelle parole il volto di Carola cambiò pensando che non si sarebbero piu’ riviste. Ogni giorno Carola scriveva una lettera a Elly sperando che le rispondesse. Un bel giorno, dopo alcuni mesi le rispose e finalmente si rividero.

Greta Lonigro

 

Un’amicizia lontana…

Era il periodo fascista quando, il 5 gennaio 1938, due bambine Tara e Isabella andarono a scuola tranquille. Un giorno Tara non si presentò in classe e così Isabella decise di chiedere al padre perché la sua amica non andasse più a scuola con lei. Tara era ebrea e, a causa delle leggi fasciste, non poteva più recarsi a scuola per studiare. Isabella decise comunque di andare sotto casa di Tara e di aspettarla pazientemente. I minuti passavano ma lei non scese. L’amica si insospettì ma decise di ritornare a scuola senza farci caso. I mesi passarono ma il banco di Tara rimase sempre vuoto; la bambina passava il tempo disperata sul suo lettino fino a quando Isabella non riuscì più a trattenersi e cercò di contattare la sua amica. Intanto Isabella diventò una figlia della lupa girando in città con una camicia bianca, una gonna nera e una fascia in vita. Isabella aveva ormai gli occhi tristi e non riusciva nemmeno a parlare ma solamente a piangere perché Tara non meritava tutto quel dolore inutile. Tuttavia Mussolini non tollerò nessun ebreo. Un giorno le due bambine si incontrarono, si guardarono intensamente per poi scoppiare in lacrime e si abbracciarono fortissimo. Isabella, però, ebbe un’idea, cioè quella di vedersi di nascosto senza farlo sapere a nessuno. La bambina non ebrea iniziò a vestirsi come Tara, ma un giorno le due amiche dovettero separarsi e si salutarono con le lacrime agli occhi, sapendo che non si sarebbero più riviste.

Francesco Iosso

AMICHE PER LA PELLE

Era il 1938 e i tempi erano duri, ma, Giorgia e Alessia erano amiche per la pelle Giorgia era una ragazza di circa 12 anni aveva lunghi capelli oro e 2 splendenti occhi color mare Alessia era alta e magra con gli occhi verde bottiglia Le 2 amiche andavano in classe insieme ma un giorno Giorgia non si fece più vedere. All’inizio Alessia pensò che era ammalata ma continuò per più di un mese Alessia preoccupata per l’amica decise di andarla a trovare.  Arrivata a casa sua, Giorgia iniziò a parlare e disse: “Sai non posso più venire a scuola, perché sono Ebrea” Alessia disse: “Ma non è giusto!” E si mise a piangere abbracciando l’amica Giorgia le promise che avrebbero avuto modo di vedersi. Ogni giorno Alessia e Giorgia si vedevano dietro i loro palazzo. Andava tutto bene finché Giorgia, un brutto giorno, si presentò con la faccia triste, subito Alessia le chiese cosa fosse successo e Giorgia balbettante disse: “non ci possiamo più vedere! “ Alessia disse rassicurandola: “Tranquilla saremo per sempre amiche “ E cosi fu’, rimasero sempre amiche anche se non si videro più.

Paola Sciannameo

GIOVANNA E GRETA, ROMA 1938

Una bambina di nome Giovanna andava in una scuola pubblica. Giovanna in questa scuola incontrò una bambina di nome Greta che era ebrea. Ogni giorno si incontravano alle 8 di mattina per dire la preghiera. Entravano in classe e si sedevano nello stesso banco. Loro erano vestite con un berretto nero, una camicia bianca e una gonna nera. Ogni giorno portavano con se uno zaino in legno. Un giorno Giovanna andò a scuola e non trovò Greta, lei pensò che stava male e quindi non era in classe. La maestra di nome Camilla disse a tutti che erano cambiate le leggi e gli ebrei non potevano più andare a scuola. Giovanna si mise a piangere perché non voleva lasciare Greta. Giovanna appena era arrivata a casa con le lacrime agli occhi scrisse una lettera per Greta e la inviò subito. Greta e la sua famiglia appena videro quella lettera pensarono che li dovevano portare ai campi di concentramento. Appena Greta la aprì si accorse che era la sua migliore amica Giovanna che le chiede dove si potevano incontrare. Greta le disse che si dovevano incontrare di nascosto. Il giorno dopo Giovanna uscita da scuola andò a citofonare al palazzo di Greta e lei aprì immediatamente. Greta le disse che non potevano stare dentro casa, ma potevano andare in una casetta coperta dalle foglie. Da quel giorno Greta e Giovanna furono inseparabili.

Enrica Tito

Anna e Lucia

Nel 1938 a Roma vivevano due amiche Anna e Lucia ragazze di 10 anni, Anna era magra con i capelli castani invece la sua amica era magra con i capelli biondi. Erano vestite con una gonna nera e con una camicia bianca, la divisa scolastica durante il fascismo. Le due amiche erano vicine di banco. Accanto c’era una stufa a legna. Mentre stavano facendo i calcoli di matematica, ad un certo punto, entrò il direttore della scuola e tutti i bambini si alzarono in piedi e fecero il saluto fascista. Dopo i bambini e si sedettero e continuarono a fare i calcoli. Dopo matematica fecero italiano e così via. Il direttore disse alla maestra che Anna non avrebbe più frequentato la scuola perché era ebrea. Le due bambine iniziarono a piangere e si abbracciarono forte forte e Lucia con tristezza, salutò la sua amica.

Sara Mangano

Un’amicizia separata dal fascismo

Nel 1938 in una scuola fascista due amiche, Tara e Charlotte, stavano facendo il saluto romano, che mostrava rispetto al fascismo, prima di iniziare la lezione. Tara era ebrea e Charlotte era italiana. Tara aveva gli occhi verdi e i capelli di color nero, invece Charlotte aveva gli occhi celesti e i capelli di colore marrone scuro. Le leggi razziali erano cambiate proprio quell’anno: gli ebrei non potevano più frequentare le scuole italiane. Ad un certo punto arrivò in classe la Preside che disse: “La signorina Tara se ne deve andare via”. Tara salutò tutti, compresa Charlotte, la sua migliore amica. Arrivata a casa i genitori la abbracciarono e le dissero: “Sei ebrea, non ti vedremo mai più!”. Tara li abbracciò e disse: “Ciao papà, ciao mamma, non vi rivedrò mai più!”.

Andrea Di Dio

DUE AMICHE DIVISE DAL FASCISMO

Era il 1938 a Roma, c’erano centinaia di persone tra cui Maria e Anna due amiche, che si conoscevano perché andavano a scuola insieme. Anna era ebrea, indossava vestiti molto scuri, aveva occhi verdi e capelli rossi come il fuoco e aveva lentiggini sparse per il viso. Invece Maria era Italiana, indossava dei vestiti super colorati e aveva occhi neri e capelli marroni come il legno. Le due amiche erano molto unitine infatti andavano insieme a scuola ed erano compagne di banco. Maria e Anna percorrevano sempre la strada insieme ma di nascosto perché era molto pericoloso. Un bel giorno Maria fece la strada da sola, Anna quel giorno non andò neanche a scuola. Così Maria si insospettì e quando tornò a casa li mandò una lettera con scritto: “Ciao Anna, perché oggi non sei venuta a scuola, non abbiamo neanche percorso la strada insieme, mi manchi tanto” Il giorno dopo li arrivò la risposta di Anna. Su quella lettera c’era scritto che Anna non poteva più andare a scuola perché era ebrea. Così Maria con le lacrime agli occhi, posò la lettera bagnata di lacrime sulla sua scrivania. E si buttò sul suo letto. Quella sera la mamma la vide e li chiese cosa era successo, ma lei non poteva dirli niente, perché la sua mamma era contro tutti gli ebrei. Il giorno seguente Anna decise di mandare una lettera a Maria, dove c’era scritto se si potevano incontrare nel loro posto segreto. Quando a Maria arrivò la lettera, senza pensarci due volte li rispose immediatamente sì. Così si incontrarono nel loro posto segreto, e si fecero una promessa. CHE NON SI SAREBBERO DIVISE MAI PIÙ!!

Aurora Manzari

UN ‘AMICIZIA DIVISA DALL’INGIUSTIZIA

Andavo in una scuola a Milano e avevo la mia migliore amica Sarah. Io e lei ci volevamo bene e stavamo sempre insieme. Ci conoscevamo da più di 5 anni per me era come una sorella. Lei era ebrea, io no, ma questo non ci divideva per niente. Ci vedevamo ogni giorno a scuola ma… un giorno non la vidi arrivare e pensai che stesse male, ma la maestra si mise al centro della classe e disse: “Da oggi l ‘ alunna Sarah non verrà più a scuola “. Io le chiesi il perché e lei rispose che era ebrea e non poteva più venire a scuola. Io risposi: “Mi scusi maestra, ma che razza di motivazione è?  “La maestra vedendo i miei toni alti mi disse di sedermi e non alzare più il tono di voce. Il mio cuore si fermò pensando a tutto il tempo passato insieme a lei. Tornai a Casa piangendo e mia madre mi chiese il perché spaventata e io le risposi che Sarah non poteva più venire a scuola perché era ebrea, mia madre rimase in silenzio ma stupita. Corsi a casa sua e vidi i suoi genitori disperati e Sarah piangere in cameretta. Le dissi: “Sarah, che succede? “Lei rispose che non poteva venire più a scuola. Allora io per tranquillizzarla le dissi che ci potevamo vedere fuori da scuola, si asciugò le lacrime e mi abbracciò. Il pomeriggio, dopo scuola mi intrufolai in casa di Sarah e parlammo un po’, ovviamente di nascosto perché se ci avessero beccate ci avrebbero portate nel campo di concentramento; io non gliene parlai per non spaventarla e le dissi solo: “Non ci possiamo far vedere, ok?”. E lei senza sapere la motivazione annuiva. Ci continuammo a vedere nel pomeriggio, per lei non mangiavo neanche perché tornavo a casa di sera. Per fortuna non venne mai deportata nei campi di concentramento e da quel giorno ci incontravamo ogni pomeriggio. A scuola ero l’unica a sentire la sua mancanza, anzi c’erano alunni contenti che Sarah non venisse più a scuola. Durante la ginnastica pensavo a lei che era sempre accanto a me. Non ci separammo mai…

Alessio Risoli

UN’AMICIZIA DIVISA

Una mattina del 4 ottobre 1938 una bambina, Teresa, stava studiando tranquillamente in classe, quando il collaboratore Alex disse:” Croce Teresa! Mi segua”. Teresa era spaventata e perplessa allo stesso momento, con le gambe tremolanti lo seguì. – Cosa devo fare? Cosa è successo signora preside? – disse la bambina impaurita. La signora preside rispose che doveva firmare dei fogli, Teresa non capì il perché, ma li firmò lo stesso, per paura. Quando entrò in classe, vide i suoi genitori parlare con la maestra Isabella, i suoi le dissero sottovoce che non avrebbe più potuto frequentare la scuola perché, era ebrea. Lei scoppiò in mille lacrime tanto che la sua gonnellina nera e la sua magliettina bianca diventarono subito fradice! A quel punto anche la sua migliore amica Valentina pianse a dirotto, si diedero un forte e caldo abbraccio e si promisero:” Saremo per sempre amiche per la pelle, ti voglio bene! Buona fortuna cara amica – “disse Valentina. Teresa si asciugò lentamente le lacrime e la salutò con uno sguardo malinconico. Teresa pensò -Chissà dove finirò in futuro…

Giada Iacovazzi

Un’amicizia inseparabile

Nel 1938 un giorno come altri, eravamo appena entrati in classe, avevamo appena preso il sussidiario, quando la maestra ci disse: “Maria non potrà più venire a scuola”. Io mi intristii perché non potevo più vedere Maria, la mia migliore amica. Maria era una bambina gentile disponibile con i capelli marroncini e gli occhi azzurri come il mare. Ma lei disse di non preoccuparci anche se era ebrea. I giorni seguenti la classe diventò sempre più triste ma tutti fecero finta di non sapere mai niente, di non conoscere Maria. Quando andai in bagno pensavo agli scherzi, alle battute tra me e lei. Un giorno trovai un modo, dissi ai suoi genitori di creare un passaporto falso. Dopo mesi di tristezza e di pianti se lo procurarono. Poi decidemmo di vederci nel giardinetto fuori la scuola, con dei cespugli che erano alti quasi un metro. Ci nascondemmo dai fascisti. Ma un brutto giorno piovoso i soldati ci trovarono, cominciammo a correre quando un brigadiere acchiappò Maria. Io mi nascosi in mezzo alla folla quando vidi una persona molto assomigliante a lei, mi avvicinai ed era lei. Ci abbracciammo e ce ne andammo via dicendoci: “Nessuno potrà più separarci, né la maestra, né il re, né i nostri compagni, né il capo del governo”. E poi mi disse che riuscì a scappare dai fascisti. Rimanemmo amici per sempre.

Angelo Stragapede

Una vita completamente diversa

Un giorno una bambina che si chiamava Jessica, stava studiando a scuola e ad un certo punto la maestra, guardando Jessica, disse: “Tu non potrei più venire a scuola, perché sei ebrea!” Tornando a casa incontrò sua amica e le annunciò il fatto, e l’amica le credette, disperata e preoccupata tornò a casa. Jessica lo disse alla madre, la mamma dicendo che lo sapeva già, Jessica chiese: “Ma chi altro lo sa?” La madre non gli rispose, perché sapeva cosa avrebbe fatto sua figlia Jessica. Aveva undici anni, era scura con icapelli legati con un elastico, non era tanto alta, di carattere invece non era molto buona, faceva dispetti. L’ amica andò a casa sua e lei andò a parlare, le spiego che era ebrea e non poteva andare a scuola. Jessica non sapeva delle leggi razziali, ma poi capì. Non poteva più uscire perché l’avrebbero presa, Jessica era arrabbiatissima, ma purtroppo non poteva fare niente. Il giorno dopo l’amica ritornò e le disse che si potevano incontrare di nascosto. Jessica annuì, ma disse: “Perché non puoi venire a casa mia?” L’amica le spiegò che non poteva entrare nei ghetti degli ebrei, perché altrimenti l’avrebbero fermata. Non sapeva cosa gli potessero fare. L’amica le chiese se lei conoscesse un luogo nascosto, Jessica pensò e disse: “Vicino alla scuola c’è un piccolo viale, non può venire nessuno. Dopo si incontrarono là, ma non erano tanto convinte di quel posto. Giorno dopo giorno andavano là, fino a quando un giorno un soldato passò, si nascosero, il soldato sentì qualcosa, controllò e vide che non c’era nessuno. L’avevano scampato per questa volta, ma la fortuna non durò sempre. Nel novembre del 1938 per l’ultima volta si videro. L’amica doveva andarsene, si salutarono dicendo: “Se non ci rivedremo dopo la fine della guerra, addio Jessica!” Jessica tristissima tornò a casa e si mise a leggere il libro che le aveva regalato l’amica quello stesso giorno. Le due amiche per coincidenza si rincontrarono 30 anni dopo, nel’60 e si abbracciarono. La fortuna era ritornata.

Gabriele Pio Ferrari

MARTA E SARA DIVISE DALLE LEGGI RAZZIALI

Nel 1938, durante il periodo fascista, Marta e Sara partecipavano alle adunanze del sabato fascista. Le femmine indossavano divise di colore bianco e i maschi di colore nero. Erano in arrivo guerre e leggi razziali. Durante il periodo fascista, le scuole erano molto severe: non c’era l’intervallo; i primi due anni c’era solo il libro di lettura e negli anni successivi il sussidiario e il quaderno di casa. Dopo un mese, in Italia furono emanate le leggi razziali, per questo Sara (che era ebrea) fu costretta a lasciare la scuola. Marta sperava che non portassero Sara da nessuna parte ma Sara voleva scappare in un altro paese. Per non rattristare Marta, Sara decise di non dirglielo e di scappare di nascosto. Poiché Sara non si faceva più vedere né sentire, Marta si preoccupò. Poi scopri che era scappata perché voleva continuare a frequentare la scuola. Prima di arrabbiarsi aspettò due secondi e pensò:” Non fa niente, tutto è importante, ma per frequentare la scuola è sempre FONDAMENTALE”.

Sofia Colavito

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