Quest’anno ho vissuto un’esperienza impegnativa, ma che mi ha fatto crescere molto. Ad ottobre sono partito per andare a Katowice in Polonia. Ero molto felice di trascorrere del tempo e conoscere nuovi posti con la mia famiglia e i miei amici.
Durante il soggiorno abbiamo deciso di visitare il museo di Auschwitz e Birkenau, perché ne avevo sentito parlare a scuola.
Per arrivarci abbiamo preso un mezzo pubblico. All’ingresso del sito abbiamo raggiunto la guida, che ascoltavamo attraverso le cuffie e le radioline.
Prima di entrare mi hanno colpito le cancellate con una scritta in tedesco “Arbeit macht Frei” che vuol dire Il lavoro rende liberi.
Il campo era diviso in settori chiamati blocchi. Nel primo blocco c’erano i dormitori. Abbiamo visto i letti dove dormivano i più fortunati. Perchè i più fortunati? Perchè c’erano delle persone che dormivano per terra.
Poi siamo entrati nel secondo blocco. Qui c’era una carta geografica, che indicava da quali nazioni provenivano i prigionieri, che i nazisti avevano portato nei campi di concentramento.
Arrivati nel terzo blocco abbiamo visto il cumulo di scarpe e le valigie che gli ebrei avevano consegnato alla discesa dal treno, non immaginando quello che li aspettava.
Poi abbiamo raggiunto il quarto blocco dove c’erano tonnellate e tonnellate di capelli delle donne.
Nel quinto blocco abbiamo visitato le prigioni. Erano di tre metri quadrati, erano molto piccole e basse e ci entravano quattro persone.
Dopo siamo passati attraverso una specie di “entrata nascosta” dove c’erano le camere a gas.
Io ero molto dispiaciuto immaginando tutti quei giovani, bambini e anziani che sono morti in questo modo.
Dopo aver visitato il museo di Auschwitz con l’autobus, abbiamo raggiunto il campo di concentramento di Birkenau. Qui abbiamo visto un vagone del viaggio della morte. Gli ebrei salivano, pensando di raggiungere una nuova sistemazione o un nuovo lavoro. Però non appena scesi dal treno, i nazisti li dividevano in base alle loro caratteristiche e in base al mestiere che avevano svolto o a quello che potevano fare.
Più in là abbiamo visto anche le macerie delle camere a gas. Infatti i nazisti nella fase finale le avevano fatto esplodere per non lasciare tracce e perchè sapevano di aver compiuto dei crimini verso gli ebrei. I numeri parlano dell’uccisione di circa 6 milioni di persone tra cui bambini, donne e anziani ritenuti inutili.
Nella parte finale della visita ci hanno fatto vedere una “casa” dove c’era il dormitorio, il lavatoio e un bagno molto piccolo. Questo edificio dall’esterno sembrava molto grande e anche molto bello, illuminato dal sole di giorno, ma la notte era buio, perché non c’era l’elettricità. A tutti i prigionieri veniva almeno concessa una coperta, dal momento che le temperature d’inverno erano molto rigide.
In questo viaggio ho imparato che la storia non è solo quella che vediamo sui libri, ma è fatta da esperienze viste e vissute nel concreto. Certo questa in particolare è stata molto forte e allo stesso tempo emozionante. Mentre ascoltavo la guida immaginavo nella mia mente cosa avessero vissuto bambini e ragazzi della mia età, come fossero stati trattati e quanto potessero aver sofferto. E di certo la storia aiuta a capire e a non dimenticare.
Andrea Manuto