Il viaggio alla scoperta del concetto di sostenibilità dell’industria tessile inizia con la riflessione di uno scienziato ed esploratore del ‘700, Alexander von Humboldt: “la Terra è un unico grande organismo vivente formato da tante parti interdipendenti tra loro”. Già Humboldt, prima della comparsa dell’agricoltura intensiva, mette in luce il crescente sfruttamento del suolo con piantagioni dedicate alla coltivazione di una pianta da cui si estraeva l’indaco per la colorazione dei tessuti. Questo sfruttamento ha ridotto in povertà la popolazione locale a causa della riduzione di terreno da destinare al settore agricolo.
Dai tempi di Humboldt ad oggi, il settore tessile ha subito notevoli evoluzioni: la produzione delle fibre artificiali e sintetiche, l’utilizzo massivo delle materie prime, delle componenti ambientali (acqua, suolo, aria) e delle risorse energetiche. A questo si aggiunge anche l’imperante fenomeno della fast fashion, ovvero la produzione di abiti ispirati all’alta moda, con ciclo di vita breve sul mercato. Si aggiunge, inoltre, la difficoltà di smaltire i rifiuti tessili e quindi questo comporta la comparsa di discariche a cielo aperto, la cui presenza contrasta con le caratteristiche estetiche e culturali del paesaggio.
Artisti contemporanei hanno denunciato il consumismo dell’industria tessile: emblematica è l’opera di Pistoletto “La Venere degli stracci”, in cui l’artista contemporaneo mette a confronto la bellezza classica di una statua con il cumulo di rifiuti di abiti, non più utilizzabili. La soluzione a questo problema, benchè difficile da perseguire, risiede nella capacità di mettere insieme in modo equilibrato diversi aspetti, come l’uso critico e responsabile delle risorse primarie e dei prodotti finiti, nel dare valore culturale alla produzione tessile e allungare la vita del prodotto attraverso il riciclo.
Il nostro itinerario nella sostenibilità dell’industria tessile passa attraverso un luogo particolare dell’Italia Meridionale: l’insediamento produttivo di San Leucio, in provincia di Caserta. Durante il Regno di Napoli, San Leucio si è distinta per la produzione di tessuti, arazzi, arredi e tappezzerie attraverso la lavorazione della seta. Infatti, a San Leucio sussisteva insieme alla produzione dei bachi da seta a conduzione familiare, anche una florida agricoltura locale. San Leucio, quindi, rappresenta un virtuoso esempio urbanistico di organizzazione industriale e un’impianto monumentale di importanza storica e culturale.
In conclusione, il complesso tema della produzione tessile impone soluzioni sostenibili come, ad esempio, il tener conto delle indicazioni riportate sul “Manuale della moda sostenibile”, la produzione di cotone biologico, la riduzione di sostanze inquinanti, il riciclo del filato, l’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili e il riutilizzo di abiti usati.
Il percorso verso la sostenibilità rappresenta, infine, un traguardo da raggiungere affinché vengano rispettati in maniera equilibrata l’ambiente, l’economia, la cultura e le tradizioni locali.
Luigi Ferdinando Parisi