Il 29 settembre 2023 si è svolta a Bari la European Researchers’ Night. Hanno partecipato ricercatrici e ricercatori di vari Enti, tra cui l’Università degli Studi Aldo Moro Bari e il Politecnico di Bari, con 46 stand di ogni disciplina scientifica e tecnologica.
Al Museo di Scienze della Terra si è svolto un laboratorio molto interessante che riguardava le balene. Uno dei ricercatori ha spiegato che questi mammiferi sono gli unici esseri viventi che sono passati dalla terraferma all’acqua. Possedevano quattro zampe e, a differenza delle balene di oggi, erano grandi e feroci predatori come, ad esempio, la balena ‘Phiomicetusanubis’ vissuta 43 milioni di anni, lunga circa tre metri e pesante circa 600 chili. La sua caratteristica più importante erano i 4 arti, era anfibia e si trovava a metà strada nella storia della catena evolutiva delle balene.
La trasformazione ultima delle balene così come la vediamo oggi è iniziata 10 milioni di anni fa. Le balene fanno parte di un gruppo chiamato Cetacei, hanno un corpo fusiforme e idrodinamico, sono dotate di uno sfiatatoio, simile ad un naso, all’apice della testa per permettere all’animale di poter meglio respirare quando si trova in superficie. Possiedono i fanoni, strutture filtranti con cui si alimentano raccogliendo acqua e cibo in enormi quantità. La loro dieta è costituita da piccoli pesci e gamberetti (krill).
Non tutti sanno che in questo Museo di Scienze della Terra è presente uno degli scheletri di balenottera meglio conservati al mondo. È lungo 11 metri, risalente al Pleistocene inferiore (circa 2 milioni di anni fa) e fu rinvenuto nel 1968 presso il sito di Lama Lamasinataalla periferia di Bari.
È sprovvisto di parte del cranio e si presenta quasi completo. Tra i resti della balena è stato ritrovato un dente di squalo bianco esulle ossa della balenotterasi notano diversi segni di morsi. Molto probabilmente, il cetaceo era già morto quando ha subito l’attacco da parte dello squalo, come accade anche oggi nei nostri oceani.
La mia visita è continuata nel Museo di Mineralogia, dove sono esposti minerali di ogni tipo e di ogni parte del mondo. In particolare, un professore mi ha spiegato come gli atomi di un minerale siano in grado di riprodurre i suoni. Molto semplicemente, anche se non facile da spiegare, se prendiamo un elemento chimico come il cloruro di sodio, cioè il comune sale da cucina, ad ogni elettrone presente sull’orbitale più esterno di un atomo, corrisponde una nota. Per esempio, il sodio (Na) ha un solo elettrone sull’orbitale più esterno che corrisponde ad un ottavo (croma, ottavo come durata di riferimento); il cloro (Cl) ha sette elettroni nell’orbitale più esterno, ottavi. La musica prodotta da questo cristallo potrebbe essere la base di una rappresentazione teatrale dell’Inferno di Dante, quando il Sommo Poeta attraversa il IX cerchio, il Cocito, dove vengono puniti i traditori. Il Cocito è un lago ghiacciato e la musica è come se rappresentasse la sensazione di freddo che provano i dannati. Con questo esempio il professore ci ha voluto spiegare l’importanza dell’integrazione tra le materie scientifiche e tecnologiche con quelle umanistiche e musicali.
Per ultimo, lo strumento che più mi ha interessato: è il Theremin (“violino” elettromagnetico) basato sul LIDAR (LightDetection And Ranging). In pratica si suona senza contatto fisico: la distanza delle mani dalle due antenne produce modificazioni del suono dello strumento. A causa del campo magnetico, avvicinando una mano a un’antenna si ottengono note più alte, avvicinandone una all’altra si ottengono suoni di volume più basso. Toccando con la mano la seconda antenna si silenzia lo strumento.
Alla manifestazione erano presenti molti altri laboratori, come quelli di robotica, di realtà virtuale, di tecnologia applicata all’anatomia, scienza e alimentazione e tanti ancora.
Insomma una notte piena di occasione uniche.
Serena Delvecchio