Ciao ragazzi, ce lo siamo detti subito, il primo giorno, quando io ero uno straniero per voi e voi un pubblico senza volto per me: dobbiamo scrivere cose utili per i lettori.
“Noi” giornalisti – e dicono noi a ragion veduta – non scriviamo per diletto o per portare all’esterno il nostro irrequieto IO, sofferente o gioioso che sia. Siamo invece cercatori di notizie, investigatori dei fatti della vita, storici del presente: ogni parola che scriviamo ci deve far chiedere “servirà a qualcuno?”, “io lo leggerei quello che sto scrivendo?”, “sto offrendo una nuova visione o sto scrivendo qualcosa di scontato, retorico, di trito e ritrito?”. E, allora, se questo è il paradigma: a cosa serve questo mio pezzo, perché ho chiesto alle insegnanti che curano le edizioni dello Zingarelli News ospitalità?
Be’, per dirvi e fissare nero su bianco quattro cose.
La prima è che le regole vanno infrante, ma prima di infrangerle bisogna conoscerle bene e averne dimestichezza. E io una regola la sto infrangendo ora, usando un “media”, un giornale per dire qualcosa di mio, qualcosa di privato che sicuramente non interesserà al 99, 9999% dei lettori. Ma spero interessi voi ragazzi, giornalisti dello Zingarelli News.
La seconda è che con voi ho scoperto il mondo dei 12enni, dei tredicenni. Vi confesso che ero prevenuto, il primo giorno del nostro corso ho pensato: ora cosa dico a questi moccolosi, io che sono abituato a parlare a gente più grande, adulta? Per fortuna, come tutte le convinzioni, come tutti i preconcetti di noi umani, anche i miei erano sbagliati. Ho scoperto che siete speciali, siete un mix di dolcezza e ragionamento. Da voi ho ricevuto infantili richieste “non mi scrive la penna, ora come faccio?”, ma anche domande e considerazioni argute, pungenti, sapienti, che pensavo molto, ma molto, più grandi di voi.
Non siete spocchiosetti, siete veri: se volete un abbraccio lo chiedete, se dovete dire qualcosa la dite, se siete tristi piangete; se siete allegri, ridete. Ragazzi, restate così più a lungo possibile ma non per sempre, perché le stagioni della vita devono fare il loro corso.
La terza cosa è sul pensiero giornalistico, quello che ho cercato di tramandarvi con la speranza di esserci un po’ riuscito: per favore, usatelo nella vita anche se non farete i giornalisti. L’intuito, lo spirito critico, l’andare subito al nocciolo (o al titolo se volete), la capacità di seguire le tracce e le piste, il verificare le notizie e le fonti, lo studio che non finisce mai di argomenti nuovi servono per affrontare il mondo, questo nuovo mondo straordinario che si apre, dove i social e il virtuale hanno un ruolo oramai predominante nelle nostre vite e l’Intelligenza artificiale avrà presto un ruolo centrale.
Il pensiero giornalistico, in questo tempo nuovo, ci aiuta a guardare un po’ più dentro la notizia e i fatti, sfuggire il più possibile il luogo comune, evitare di seguire i pifferai.
La quarta è sulla lettura e sui viaggi: sono i due grandi antidoti nei confronti della stupidità e dei razzismi. Libri e viaggi ci cambiano, sono i maestri che ci scegliamo. Sono l’ispirazione della nostra esistenza, danno uno scopo alla nostra vita. In una parola sola: “la conoscenza” – per chi vi scrive adesso – è il momento più alto del nostro esistere. Non è un concetto che ho scoperto io, ma che ho fatto intimamente mio “Penso quindi sono”, “Cogito ergo sum” di Cartesio.
Allora, eccomi alle righe finali. Alla preside – sì, dirigente scolastica mi sa troppo di burocratese – e alle cocciute insegnanti che portano avanti questo progetto di giornalino scolastico, anche impiegando il loro sacrosanto tempo libero, dico che il nostro Paese sarebbe migliore se tutti facessero il proprio dovere: politici, magistrati, giornalisti, docenti, operai, impiegati e anche studenti. Ma sarebbe persino peggiore di quanto è adesso se non vi fosse gente – come voi – che fa più di quanto dovuto per spirito di servizio, per amore del Bene comune.
A voi ragazzi va invece l’ultimo pensiero di questo mio pezzo, inutile per il 99,9999% dei lettori ma – spero – non inutile per voi.
Ora che vi preparate a vivere la meritata estate, ora che non so se vi rincontrerò l’anno prossimo, tra 10 anni o mai, per strada, in un aeroporto, in una stazione, a Bari o in capo al mondo, in un convegno dove voi sarete sapienti relatori e io attento ascoltatore, vi dico Ciao. Perché il mondo è troppo piccolo per dirsi addio.
Gianni Svaldi