In occasione della giornata della Memoria di questo nuovo anno 2023 desideravo intervistare la Sen.ce Liliana Segre, una delle ultime sopravvissute italiane al campo di concentramento di Auschwitz. Purtroppo la risposta della responsabile della segreteria della senatrice, Dott. ssa Gargiulo, è stata la seguente: “La senatrice, Liliana Segre, mi prega di ringraziare lei e, suo tramite, la redazione del Web Magazine. Teme tuttavia di non poter dare seguito alla proposta d’intervista. In questo periodo la Senatrice è assediata da centinaia di proposte che non riesce a soddisfare. Sente l’età ed è molto affaticata. Ha declinato gli inviti pervenuti da quasi tutte le testate giornalistiche, i programmi di approfondimento dei principali canali televisivi, radiofonici, piattaforme varie, quindi temo che non potrà accogliere la vostra gentile richiesta. Nel caso, sono certa che capirà.
Con i migliori saluti.
La Responsabile della segreteria della Senatrice Liliana Segre”.
A differenza di altre interviste che ho fatto, le domande che avrei voluto porre erano centinaia. Ad alcune di queste ho cercato di darmi delle risposte … invano. Perché quello che è successo non è immaginabile da un essere umano che non ha vissuto ciò che alcuni hanno subito. Ho letto tante cose, ho visto film, video che riguardano l’Olocausto e non riesco ancora a dare una risposta del perché e come un essere umano abbia potuto fare tutto ciò ad un altro essere umano.
Perché il titolo “Via Ferrante Aporti, 3 Milano – BINARIO 21?”
Questo è l’indirizzo laterale della stazione centrale di Milano da dove molti ebrei italiani sono stati deportati ai campi di sterminio. Strano questo Binario 21, si trova sotto la stazione, a piano stradale. Già questa è un’anomalia. I vagoni dei treni della deportazione, una volta stipati di esseri umani, venivano uno ad uno sollevati fino ai binari principali. Cosa strana fare tutta questa operazione su un lato non visibile della stazione, mi viene da pensare che gli aguzzini erano consapevoli di commettere un crimine. Cattiveria spietata, sapendo di essere nel torto.
Veniamo a Liliana Segre. Una cosa che mi ha colpito è stato il racconto di quando lei, con alcuni suoi familiari, ha tentato la fuga in Svizzera. Anche qui, nonostante la risaputa neutralità della Svizzera, un essere umano (o meglio, disumano) in questo caso una guardia confinaria di quel paese: “ci rimandò indietro: quell’uomo, quel giorno, ha condannato quattro persone, che poi furono tre perché io sono qui. Lui, fu lui, che applicò la REGOLA e decise di non far finta di non vedere, non decise con la sua testa, “obbedì all’ordine” dice Liliana Segre in una testimonianza. La sera stessa vennero rimandati in Italia e incarcerati a Varese. Lei aveva tredici anni, la mia stessa età. Lei a tredici anni è stata privata di ciò che di più caro un uomo ha: la LIBERTA’. Faccio il parallelo con la mia vita e mi rendo conto della mia fortuna …
Questo è solo l’inizio di ciò che ha passato Liliana. Sempre nella stessa testimonianza, mi ha fatto una certa impressione il suo silenzio nel momento in cui le è stato chiesto di commentare il “mistero delle ragioni per le quali i nazisti perpetrarono crudeltà così efferate … NESSUNA RAGIONE”. Senza NESSUNA RAGIONE, dunque venne portata a Milano in un altro carcere. Speranza e disperazione prima del trasferimento. Seicento alla volta … la precisione nazista, seicentocinque, nel caso di Liliana. Ne tornarono solo 20.
Per uscire dal carcere attraversarono altre celle, dove vide i detenuti comuni “affacciati dalle loro celle e furono uomini straordinari capaci di pietà, non avevano nulla, ma erano ricchi di questo sentimento … PIETA’, pietà per altri uomini e per altre donne ai quali gridarono incoraggiamenti, benedizioni e diedero loro quello che avevano, pane, cioccolato, sciarpe … gli ultimi UOMINI che vide prima della deportazione. Ci volle un altro anno prima di rivedere altri UOMINI, gli altri erano tutti MOSTRI. Con i camion arrivarono “nel ventre nero” di quella stazione di Milano, nel buio totale, fari, latrati, urla, fischi. Vennero caricati nei vagoni bestiame chiusi e sprangati dai soldati dell’SS.
E poi la partenza dal Binario 21. Dopo, venne la prigionia con le atrocità del lager.
Esseri disumani contro esseri umani inermi. Oggi dobbiamo solo ricordare, mai dimenticare di cosa può essere capace un essere umano.
Grazie a persone come Liliana, non solo il 27 gennaio, dobbiamo fare in modo che tutto questo non accada mai più.
Mai più INDIFFERENZA, la parola da cui ha sempre iniziato le sue testimonianze Liliana Segre e che campeggia su un muro a uno degli ingressi del Memoriale della Shoah di Milano.
Muro dei nomi.
Giulia Gentile