Negli ultimi mesi il mondo occidentale ha vissuto e continua a vivere con il fiato sospeso a causa della situazione politica e militare creatasi lungo il confine tra Ucraina e Russia.
L’Ucraina, suo malgrado, si trova ad essere in una posizione assolutamente importante nello scacchiere dell’Europa orientale, poiché rappresenta uno stato cuscinetto tra la NATO e la Russia. È risaputo che, fin dai primi anni 2000, la Russia ha mal visto l’allargamento a est dell’Alleanza Atlantica (Polonia, Romania, Bulgaria), che ha favorito la sua percezione di accerchiamento L’Ucraina, da parte sua, peccando di Real Politik, non ha mai voluto nascondere la propria volontà in un futuro non meglio definito, di aderire alla NATO.
Con queste premesse, il presidente russo Vladimir Putin, ex agente segreto del KGB (servizio segreto sovietico), in modo simile a quanto fatto nel 2014 in Crimea, ha fatto leva sul concetto di unità dei popoli russofoni, emarginati dallo stato ucraino, per ammassare durante l’inverno 2022 truppe anche corazzate lungo tutto il confine ucraino.
Mettendo da parte per un momento i numeri relativi alle forze in campo (120 dei 160 gruppi tattici a livello di battaglione russi sono posizionati in una zona inferiore a 60 Km dal confine ucraino), il punto di vista della NATO si basa essenzialmente sul diritto di autodeterminazione dei popoli, secondo il quale ogni popolo è libero di scegliersi la forma di governo e le alleanze senza ingerenze da parte di altri stati: questo è uno dei pilastri su cui si poggia la sovranità di uno stato.
La situazione si è delineata in modo inequivocabile quando il 21 febbraio il presidente Putin ha riconosciuto le regioni separatiste del Donetsk e del Lugansk come repubbliche indipendenti; questo ha di fatto spianato la strada all’invio di truppe russe con la scusa di garantire il mantenimento della pace (c.d. Peacekeeping): in pratica, una forma elegante di invasione di uno stato sovrano.
Inutile dire che la NATO e la Comunità Internazionale hanno optato per una forma di protesta soft: sanzioni economiche che vanno a ledere anche interessi privati delle figure politiche vicine al presidente russo.
La situazione è palesemente delicata e ogni pezzo mosso sulla scacchiera ucraina potrebbe generare un effetto domino dall’esito incerto per tutti i soggetti.
Il Mar Nero e il Mar Mediterraneo sono tornati ad essere solcati da navi militari come non accadeva dai tempi della Guerra Fredda, ma in questa partita le armi non sono solo carri armati, aerei e navi: il gas naturale russo e il suo sistema di distribuzione, vitale per i fabbisogni energetici dell’Europa, sono armi strategiche a tutti gli effetti.
Il gasdotto NORTH STREAM 2 che collega la Russia baltica alla Germania, progetto da sempre osteggiato dagli USA perché pone i membri europei della NATO in una posizione strategicamente debole, è stato reso inoperativo da parte della Germania come ritorsione al riconoscimento delle regioni separatiste. Questo dimostra come nel XXI secolo i conflitti non sono solo sul terreno, ma nel cyberspazio, nel campo energetico e nel controllo delle informazioni.
Cosa può accadere ora? Difficile dirlo, ma si sa che la storia è maestra di vita: i Sudeti nel 1938 e Danzica nel 1939 avrebbero probabilmente qualcosa da dire.
Sfortunatamente, all’alba dello scorso 24 febbraio le truppe russe hanno oltrepassato il confine russo-ucraino, dando di fatto inizio al conflitto armato.
E ancora oggi, ad un mese dallo scoppio dell’offensiva, le truppe e tutto il popolo ucraino lottano per liberare il loro paese dalla minaccia russa e dalle ostilità che compromettono la sovranità e la libertà dell’Ucraina e della sua gente.
Luca Nobelli (Liceo delle Scienze Applicate Margherita Hack)