Un bambino chiede al nonno:
– Mi racconti la tua storia? -.
Il nonno un po’ titubante, accetta la proposta e afferma:
– Lo farò, perché la tua generazione non deve commettere gli stessi errori che sono stati commessi nel passato.
La vita era semplice e serena, fino a quando l’Italia non si alleò con Adolf Hitler, dittatore dei tedeschi.
A capo dell’Italia, invece, c’era Benito Mussolini, che si alleò con la Germania per un vantaggio economico dell’Italia. I due dittatori non discriminavano solo noi ebrei, ma i ROM, le persone di etnia differente e gli omosessuali. Rispettavano solo la razza ariana e chi non lo era, veniva punito. Col tempo dettarono delle vere e proprie leggi razziali: per esempio, non potevamo entrare in
luoghi pubblici, non potevamo frequentare le scuole, dovevamo indossare sugli indumenti una stella gialla, che ci faceva riconoscere come Ebrei…
Dopo qualche anno iniziarono a deportarci in ghetti, quartieri in cui vivevano intere famiglie di ebrei in strettissimi appartamenti. Poi ci fecero salire su treni e ci portarono nei campi di concentramento. Appena arrivavamo, si sbarazzavano dei più deboli cioè degli anziani e dei neonati. Ci dicevano che li avrebbero portati nelle docce per farli rinfrescare, ma in realtà li chiudevano in camere contenenti del gas nocivo che li uccideva.
Alle persone che rimanevano venivano rasati i capelli e venivano tatuati dei numeri sulle braccia, perchè si riconoscessero in quei numeri e si dimenticassero della loro identità.
Le famiglie venivano separate; noi bambini risiedevamo in baracche ed eravamo controllati da una specie di badanti. Mangiavamo una volta al giorno del cibo disgustoso e spesso venivamo prelevati da scienziati che ci usavano come cavie per esperimenti.
Raramente, i nostri genitori riuscivano a raggiungerci nelle nostre capanne, di nascosto.
Noi non capivamo il perchè di tutta quella cattiveria nei nostri confronti: non avevamo fatto niente di male! L’unica cosa che capivamo era che per quelli lì eravamo DIVERSI…
Quando la guerra finì, i russi entrarono nei campi di concentramento per liberare i sopravvissuti:
era il 27 gennaio 1945. Questa data è oggi celebrata come la Giornata della Memoria, perché tutti noi abbiamo il dovere di non dimenticare quello che é accaduto affinché non si ripeta mai più.
Nerea D’ Onghia, Sofia Maria De Marzo.