Premetto che firmerò questo articolo perché non mi farò costringere all’ anonimato da nessun sistema. Tra l’altro chi mi conosce, incluse ASD del territorio dove risiedo, solo leggendo le prime righe sarà in grado di apporre, in modo sufficientemente attendibile, la mia firma sotto queste parole. Siamo spesso costretti a una qualche forma di omertà per difendere noi stessi e i nostri cari: in questa occasione desidero fortemente liberarmi da questa catena. Penso, inoltre, che sia giunto il momento per qualcuno di confrontarsi con la verità, e magari, leggendola nero su bianco, gli sarà più facile rifletterci serenamente.
Sono anni che assistiamo ad un crescente degrado del mondo dello Sport. E dello sport giovanile.
Noi degli anni Settanta e Ottanta siamo cresciuti nella “Cultura dello Sport”, quello che forma gli uomini e le donne di domani, che lavora per una società migliore insegnando “sul campo” il rispetto delle regole e degli altri. Eh già, il Rispetto… meraviglioso valore in virtù del quale anche la competizione e l’interesse economico trovano il limite etico sul quale non sarebbe neanche il caso di richiamare all’attenzione, tanto dovrebbe essere intrinseco nella stesso significato della parola Sport. Il coach, il maestro l’arbitro… esempi e guide nella vita e per la vita.
ll decadimento del mondo dello sport è oggi sotto gli occhi di tutti, e quando vi parlo di sport mi riferisco a quello dilettantistico (il che rende la questione ancora più allarmante): competizione nell’accezione più negativa del termine, comportamenti a dir poco privi dei valori positivi di cui lo sport dovrebbe essere portatore, e, anche qui, purtroppo, “caste”.
Troppo spesso gli allenatori e i coach sono arrivisti, privi di scrupoli, usurpatori di sogni adolescenziali, talvolta “ricattatori gentili”. Gli arbitri, il pubblico, le ASD dal canto loro restano inermi di fronte a gesti di violenza verbale e fisica di coach frustrati e invaghiti, privi del benché minimo autocontrollo, autorizzati, nonostante i loro comportamenti, a sedersi ancora su quelle panchine che se potessero parlare… ahimè, quanto avrebbero da raccontare!!
Le richieste di aiuto gridate e silenti di giovani atleti e delle loro famiglie restano ignorate e senza risposta. Perché? A essere sincera non comprendo ancora fino in fondo il perché di tutto questo. Sicuramente lo sport non è più solo passione, ma oggi è anche, anzi, soprattutto, interesse economico. Come resistere alle lusinghe del prestigio e del denaro in una società “campo di lotte tra poveri” ?
Le mie parole non sono il frutto di fantasia ma di esperienza. Sono mamma di due atleti, un ragazzo di vent’anni che pratica da molto tempo una disciplina individuale e una giovane adolescente che pratica uno sport di squadra, e vi garantisco che le dinamiche “inquinate” alle quali ho accennato sopra, si ritrovano un po’ ovunque, con le dovute eccezioni, ormai tanto rare quanto preziose, e per questo profondamente meritevoli di elogi e di “salvaguardia”.
Auspico che il Safeguarding Sportivo dei minori, ovunque attuato, sia il frutto di una scelta consapevole del mondo dello sport e che non diventi un must, una semplice espressione alla moda, strumentalizzata per scopi personali o di casta, auspico che sia davvero l’inizio di un ritorno allo “Sport Cultura e Formazione” e non che tra qualche mese si trasformi invece in un triste “speravo fosse un sogno e invece era solo un calesse”.
Chiudo augurando buon lavoro a chi come me crede nello Sport bello: è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e cogliere l’occasione di lasciare un mondo migliore ai nostri e ai vostri figli.
R.L. Digiulio