DALLA FAST FASHION ALLA FASHION REVOLUTION!

Con l’espressione Fast Fashion si fa riferimento ad un settore dell’abbigliamento che produce capi simili a quelli dell’alta moda ma in poco tempo, in grande varietà e a prezzi decisamente concorrenziali.

Questo tipo di moda è veramente veloce sia perché la produzione è continua, sia perché le vendite sono spesso on line, con grande risparmio di tempo e fatica (basti pensare che un acquisto on line si perfeziona di solito in 2/3 giorni). Inoltre, se i capi acquistati non vanno bene per qualsiasi ragione, possono essere restituiti gratuitamente e … anche questa volta velocemente, almeno in apparenza.

Insomma la moda fast è facile, veloce, economica! Non a caso è la preferita dei giovani. Perfetta, no?! 

Ma come fanno questi grandi brand a produrre abiti a così basso costo, se devono comunque realizzare un profitto?

Abbiamo svolto una piccola indagine e, grazie a Report e a Greenpeace, abbiamo scoperto cose molto interessanti. 

Seguiteci e vedrete.

La nostra ricerca è partita da una considerazione ovvia.  Come fanno le aziende produttrici, che comunque devono guadagnare, a vendere capi a così basso costo? Facile: utilizzano materiali scadenti e sfruttano manodopera a bassissimo costo, facendoli realizzare in paesi come Cina Pakistan Bangladesh e India nei quali i diritti dei lavoratori non vengono rispettati, e le grandi aziende, dunque, possono produrre a prezzi bassi: a scapito delle persone, però…

E’ giusto questo?

Ma andiamo avanti. Dato che i capi sono fatti di materiali scadenti, hanno una vita molto breve.

Che importa! Direte voi, tanto costano poco e quindi possiamo buttarli, comprarne di nuovi ed essere sempre fashion.

Certo! Ma vi siete chiesti dove finiscono i capi che buttiamo o che restano invenduti, date le enormi quantità che ne vengono prodotte?  

Purtroppo vengono inviati nei paesi del sud del mondo, in parte venduti nei mercati (a scapito dell’economia locale, che viene a dir poco sommersa da questo apparente bussiness)  e in parte … a formare vere e proprie montagne di rifiuti che finiscono spesso in mare, dove inquinano acque e vengono mangiati dai pesci…gli stessi che poi finiscono sulle nostre tavole! 

La Terra, dunque, certo non ringrazia, anche perché i resi, che sono moltissimi, non tornano, come pensiamo, a chi ce li ha venduti, ma finiscono in “depositi” sparsi per il mondo, dopo aver percorso km e km su aerei, mezzi di trasporto notoriamente molto inquinanti.

Un’indagine condotta nel 2020 da Global Web Index ha rivelato che i più giovani rappresentano i principali consumatori del Fast Fashion. Eppure i giovani sono proprio la generazione più sensibile ai problemi ambientali, sono proprio loro, infatti che hanno dato vita al Friday for Future e a diverse iniziative di sensibilizzazione sui problemi ambientali. 

Come mai dunque questa contraddizione? Siamo sinceri nel dire che non pensavamo che dietro ad un abito si nascondessero tanti elementi da considerare e valutare. Ore che lo sappiamo, pensiamo innanzitutto che sia importante parlarne e poi… muoversi con la FAST REVOLUTION per ridurre i danni degli acquisti veloci e compulsivi

COME? 

. Ridando vita a capi rovinati, magari mettendo mano alla nostra fantasia 

. Non prendendo lo shopping come un passatempo che vince su tutto, ma piuttosto cercando altri hobby ed evitando acquisti inutili

. Noleggiando l’abbigliamento, soprattutto se sappiamo già che useremo un capo una sola volta e mai più o quasi…

. Sostituendo gli acquisti fast con scambi tra amiche (trasformando lo shopping in pomeriggi da trascorrere insieme divertendosi)

. Uscendo dal loop della tendenza e preferire abiti duraturi e confezionati con tessuti di qualità 

. Prediligendo e supportando brand eco-friendly perché la Terra siamo noi e siamo più importanti di un vestito fashion

M. Cantoro, G. Ferrigni, V. Selvaggiuolo con i compagni di classe

disegno di Carlotta Ciccarelli

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