I segreti della Gioconda

Nel museo francese più grande e ricco al mondo, il Louvre, è conservata la Gioconda, l’indimenticabile capolavoro a olio su tavola di legno di pioppo realizzato da Leonardo Da Vinci, una delle opere d’arte più note e celebri della storia.

La Gioconda fu dipinta tra il 1503 e il 1506, ma non sono ancora chiare le ragioni per cui oggi si trova in Francia. Molto probabilmente nel 1517 Leonardo, trasferitosi lì, la portò con sé e non è noto se la vendette o regalò al re di Francia Francesco I in segno di riconoscenza al sovrano per l’ospitalità ricevuta.

E’ sorprendente che sotto l’attuale dipinto si nascondono altri tre strati, coperti da Leonardo, poiché ricercava la perfezione. Questo è uno dei motivi per cui oggi la Gioconda appare senza sopracciglia.

Si sono fatte molte ipotesi sul soggetto raffigurato, ma le più probabili sono due: Lisa Gherardini (quindi  si spiega il nome “Mona, o “Monna”, Lisa”), moglie di Francesco del Giocondo (da quì il nome di Gioconda) ricco mercante fiorentino o Pacifica Brandani, nobildonna del Rinascimento. Sta di fatto che l’opera non arriverà mai nella casa del suo committente. Il quadro resta, pertanto, a Leonardo, diventando un esercizio di stile, al punto che Leonardo continuerà ad apportare modifiche per dieci anni.

Osservando il dipinto, si può ben notare che la donna raffigurata è girata verso sinistra, ma allo stesso tempo guarda davanti.

E’ solo una questione di prospettiva che ci consente di percepire uno sguardo enigmatico, che sembra guardare in ogni direzione. Inoltre, a ben guardarla, il sorriso del soggetto appare quasi impercettibile, caratteristica che la rende sfuggente, circondata da un alone di mistero.

Al suo ritrovamento si pensava che il quadro fosse stato tagliato, visto che le colonne in secondo piano sono a metà. Successivamente si è scoperto che era soltanto uno dei trucchi del maestro.

Una curiosità è che se si divide il volto della Gioconda a metà, si ottengono due differenti espressioni: a sinistra quella di una donna più matura e seria; a destra una donna più giovane e sorridente.

La Gioconda ha innumerevoli copie, come la Gioconda del Prado, conservata a Madrid e realizzata da qualche allievo della cerchia di Leonardo, come Francesco Melzi o Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì; la Mona Lisa di Isleworth, che ritrae una Gioconda più giovane, conservata in una collezione privata in Svizzera; la Gioconda Torlonia, conservata a Roma che mostra un sorriso quasi divertito.

Il dipinto fu rubato in maniera rocambolesca nel 1911 dall’italiano Vincenzo Peruggia, un ex impiegato del museo, spinto da un’azione patriottica, convinto erroneamente che il dipinto appartenesse all’Italia in quanto rubato durante le spoliazioni napoleoniche.

Nel frattempo, il suo posto, fu occupato temporaneamente dal “Ritratto di Baldassarre Castiglione”, un’opera di Raffaello.

Dopo quasi due anni il ladro, attirato da un annuncio sui giornali, avrebbe pensato di vendere la Gioconda alla Galleria degli Uffizi per qualche milione di lire. Peruggia fu arrestato dai carabinieri. Una volta recuperato, fu esposto prima a Roma, poi a Milano, ancora a New York e infine Mosca e Tokyo.

Oggi è nuovamente esposto al Louvre, dove ogni giorno viene ammirato e fotografato da milioni di turisti e non.

Arianna Manfredi

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