Il rapporto popolazione-cibo è uno degli argomenti taboo del nostro secolo: siamo passati da scarse provviste di cibo durante la Seconda guerra mondiale a un’attuale disponibilità di alimenti che supera anche il fabbisogno mondiale.
Questo, però, può risultare un’arma a doppio taglio in quanto sono comparse nuove patologie che riguardano soprattutto la sfera psicologica della persona affetta, portando a un pessimo rapporto con il cibo.
Tante sono le volte in cui, guardandoci allo specchio, saltano subito all’occhio tutti quei difetti fisici che ci rendono insicuri e che, per quanto possiamo nascondere, sono sempre lì presenti a ricordarci che, nonostante tutto, siamo umani proprio perché siamo imperfetti.
Ma il più delle volte, questi stessi dubbi su noi stessi sfociando in pensieri intrusivi più grandi della nostra mente, che si aggrappano ai nostri pensieri come dei pidocchi che infestano i capelli, rendendo così la vita abbastanza difficile.
Sono proprio questi pensieri che portano ai DCA, meglio conosciuti come i disturbi del comportamento alimentare: questi sono delle vere e proprie malattie psichiatriche che compromettono la salute fisica e mentale allo stesso tempo.
I disturbi alimentari sono caratterizzati da atteggiamenti dove prevale il controllo ossessivo del cibo, del peso e delle forme del proprio corpo ed è possibile dire che vi sono diversi sottogruppi che si basano su questi stessi comportamenti.
I principali sono l’anoressia, la bulimia e il binge eating disorder, nonché i tre disturbi più conosciuti; tuttavia vi è molta disinformazione dettata anche dall’ignoranza.
L’anoressia è un disturbo caratterizzato da una forte paura d’ingrassare e da un’alterata visione del proprio corpo, portando a gravi restrizioni alimentari o a metodi per compensare ciò che si è ingerito, come eseguire un’eccessiva attività fisica, usare dei lassativi, indursi il vomito o digiunare per periodi prolungati.
Chi soffre di questa malattia, gli anoressici, vivono una vita subordinata al pensiero costante del cibo e pensieri sul proprio corpo, non riuscendo nemmeno più a distinguere le loro emozioni e, di conseguenza, non riuscire più a regolarle. In questo modo il dolore del malato cresce sempre di più e, non sapendo come sfogarlo, compie gesti autolesionistici che portano il paziente a manifestare maggiormente il suo malessere.
La bulimia è, invece, un disturbo caratterizzato da grandi abbuffate (quando una persona perde il controllo nel mangiare e ingerisce grandi quantità di cibo) seguite dal vomito o ulteriori metodi per compensare la grande assunzione di cibo.
Anoressia e bulimia posso definirsi due facce della stessa medaglia in quanto possono essere entrambe riconosciute nello stesso paziente che può presentare alcune fasi anoressiche (caratterizzate da restrizioni) e altre fasi bulimiche (caratterizzate da abbuffate e metodi per compensare).
Il binge eating, infine, si caratterizzata per la presenza di abbuffate che, a differenza della bulimia, non ha comportamenti compensatori, determinando, il più delle volte, un notevole aumento di peso in un periodo relativamente breve.
Dietro a tutte queste malattie che sembrano sottolineare solo un cambiamento fisico, nascondono invece pensieri negativi o traumi passati che portano ad agire in questo modo.
Per il caso del binge eating, magari, il più delle volte si tenta di risanare col cibo un vuoto o una perdita avuta, passata o attuale essa sia.
Per l’anoressia e bulimia, si risale solitamente a modelli errati e divulgati ovunque, osannandoli come esempi da seguire, quando di esempio da seguire c’è ben poco.
Si deve superare quel cliché per cui chi ha un bel fisico è sano e felice: essere liberi di fare quel che si vuole porta ad essere sani e felici, di certo non un bel fisico che verrà deteriorato dal tempo.
Bisogna anche superare quel pregiudizio secondo cui i disturbi alimentari sono solo malattie che riguardano l’aspetto fisico in quanto il cambiamento di quest’ultimo sia solo una conseguenza di una serie di atteggiamenti eseguiti da tanto tempo.
L’argomento disturbi alimentari non dovrebbe essere più un taboo, soprattutto in questa generazione visto che oggi oltre il 30% della popolazione ne soffre, anzi, c’è bisogno di una maggiore informazione proprio perché vi è un grande incremento dei casi e bisogna essere informati su tutti gli aspetti di queste malattie.
Non sono da sottovalutate queste patologie perché sono infermità mentali: solo perché un malessere non si vede non significa che non faccia male come un qualsiasi dolore fisico.
Eppure questa concezione al giorno d’oggi è ancora da superare, ma fortunatamente sono stati creati dei centri per DCA per sostenere tutti i pazienti con maggiore difficoltà e anche dei portali online per soccorrere tutti quei malati che, purtroppo, vivono una situazione complicata in famiglia e non ricevono aiuto da nessuno.
Noemi Guerra (Liceo delle Scienze Applicate Margherita Hack)