Il 22 febbraio, una barca parte dalla Turchia con a bordo numerosi migranti.
Dopo diverse ore di viaggio, l’imbarcazione ha dei problemie quindi i migranti a bordo si spostano su un caicco e continuano la navigazione verso le coste italiane, precisamente nella direzione della Calabria.
Durante questo secondo tragitto, vengono avvistati dalla guardia costiera italiana che non reputa le persone sulla barca in pericolo.
Giunta la notte, gli scafisti al timone del caicco si avvicinano alle coste italiane, ma durante questa operazione, a causa del basso fondale, provocano danni all’imbarcazione, che comincia ad affondare. I migranti salgono sul ponte, cercando di salvarsi, ma la nave si capovolge e molti di loro finiscono in mare e muoiono; invece, altri riescono ad arrivare sulla spiaggia.
Ci sono state 76 vittime, tra cui donne e bambini.
Su questo argomento ho rivolto alcune domande ad una persona che, per necessità e in un’altra occasione, ha affrontato un viaggio in mare ed è arrivata in Italia.
I: “Quando è arrivata in Italia, come si è sentita?”.
LEI: “Mi sono sentita sola, lontana da casa, in una terra sconosciuta e con persone che parlavano una lingua per me incomprensibile”.
I: “Perché stava venendo qui in Italia?”.
LEI: “Per necessità, perché nel mio paese c’è una guerra in corso e non volevo mettere a rischio la mia vitae quella dei miei parenti”.
I: “Ha notizie dei parenti che sono rimasti nella sua patria?”.
LEI: “No, perché avere notizie durante la guerra è molto difficile; spero che stiano bene”.
I: “È riuscita a trovare la possibilità di mantenersi da sola?”.
LEI: “Inizialmente no, ma poi sono stata aiutata da alcune organizzazioni che mi hanno permesso di vivere con un minimo di tranquillità”.
I: “Adesso si sente a suo agio qui in Italia?”.
LEI: “Sì,perché sto imparando la lingua e sto facendo dei lavoretti per mantenermi”.
Questa breve intervista dimostra come scappare dalla guerra e dalla fame per trovare un futuro migliore sia un desiderio legittimo per ogni persona. Ogni individuo ha il diritto di aspirare ad una vita più serena per sé e per i propri figli.
E noi, i più fortunati, dobbiamo comprendere il motivo che spinge queste persone a intraprendere un viaggio pericoloso in mare e che non si sa neanche se si riuscirà a concludere su una costa.
Non è facile, per chi parte, lasciare la propria patria, i propri beni e i propri affetti; e poi arrivare in una terra sconosciuta e non sapere neanche quale sarà il proprio destino.
È per questo che abbiamo il dovere di non lasciaresole queste persone e di aiutarle a costruire un futuro migliore, proprio come quello che vogliamo per noi.
Mai più scarpine e giocattoli sulle rive dei nostri mari!
Claudia Cortone