Il 9 marzo le classi 3D, 3H e 3E del nostro Istituto hanno vissuto una forte emozione assistendo in auditorium allo spettacolo messo in scena dalla compagnia teatrale “Oltre Palco”. Dopo un gioco di colori creato dallo scambio di teli colorati tra gli attori, si presenta sulla scena Nojoom, una bambina sola, spaventata, che sta cercando un giudice che, come un supereroe, possa mettere fine alla sua sofferenza perché, anche se davvero molto giovane (Nojoom ha solo 10 anni), è sposata e vuole il divorzio. Siamo dall’altra parte del mondo, nella grande e lontanissima, eppure così vicina Asia, nella regione dello Yemen.
La scena successiva si apre con una specie di flashback. Nojoom rivive infatti un ricordo: è a casa sua, nel giardino, a giocare come tutte le bambine dovrebbero fare e, curiosa, a fare mille domande su tutto ciò che le viene in mente. Lei non conosce – non è abbastanza grande per comprenderne le ragioni – tutta la sofferenza in cui il suo Paese è avvolto: figli che nascono come conigli, persone, ragazze, bambine fantasmi che non esistono per lo Stato e non sanno neanche quando festeggiare il proprio compleanno. Nojoom è anche ignara di quanto le sta per succedere, di come la sua vita cambierà per sempre lasciandole una cicatrice invisibile sulla sua pelle.
Ecco che ad un certo punto arriva il padre, che sta per mettere la vita di sua figlia in mano a una persona che non conosce nemmeno, ma che lui considera già parte della famiglia. E anche per la società lo è. “Nojoom, ti devi sposare” le dice. Questa frase, di sole sole quattro parole, cancella in un attimo l’infanzia. La nostra piccola protagonista viene consegnata, come un oggetto, ad uno sconosciuto in una scena molto toccante, che ha fatto rabbrividire molti di noi: quel gesto, la consegna di Nojoom, ha infranto sotto i nostri occhi le idee di purezza e innocenza che siamo soliti associare all’età dell’infanzia, quando una bambina dovrebbe giocare con i suoi coetanei, andare a scuola, ricevere il bacio della buonanotte dai suoi genitori. E invece la povera Nojoom ci è apparsa da un attimo all’altro intrappolata nella gabbia dell’indifferenza dei suoi genitori e in una casa che le è diventata prigione: vi rimane segregata con quello sconosciuto che, come un brutto mostro, la fa tremare di paura al solo pensiero del momento in cui dovranno andare a letto.
Ed eccoci di nuovo nel presente: nel tribunale, la piccola protagonista si rivolge ad un giudice per chiedere il divorzio, scappare da tutto quel dolore e ritornare ad essere una bambina, ad essere libera. Il giudice le promette di fare tutto il possibile per aiutarla. Intanto se la porta a casa sua per risparmiarle almeno la prigionia in quella gabbia di lividi e dolore. Dopo lungo tempo, vissuto nel terrore di dover ritornare tra le grinfie del marito, Nojoom e il suo avvocato riescono a sconfiggere quel mostro che l’aveva strappata dalla sua casa, dalla scuola, da tutte le cose che le piacevano e soprattutto che le appartenevano.
Il coraggio di quel giudice, che si è opposto ad una pratica orribile in difesa di una bambina e dei suoi sogni, è finito su tutti i giornali ed ha aiutato milioni di altre bambine come Nojoom a trovare il coraggio di mettere fine ad un incubo.
Ed è soprattutto questo che lo spettacolo ci ha lasciato: non solo ci ha commosso, ma ci ha anche spinti a riflettere su come una storia come quella della piccola Nojoom e delle tante bambine che come lei vengono ogni giorno strappate a quell’innocenza pura come ossigeno, non debbano essere avvertite da noi come lontane, soltanto perché succedono in paese geograficamente lontani. Il solo fatto che succedano a bambini esattamente come noi ce le deve far sentire qui, proprio accanto a noi e sotto i nostri occhi.
Agata Ancora, Veronica De Luca, Sara Lampignano