Mercoledì 8 marzo, nell’auditorium della nostra scuola, alcuni rappresentanti dell’Associazione ambientalistica italiana Greenpeace ci hanno spiegato gli scopi e le attività della loro associazione: ricercare e portare alla luce situazioni che possono provocare danni all’ambiente ma anche aiutare persone in difficoltà, come migranti che cercano speranza in terre più sicure della loro d’origine. Nato nel 1977, quando alcuni attivisti partirono da Vancouver su un vecchio peschereccio per denunciare i test nucleari effettuati dagli Stati Uniti sull’isola Amchitka, questo movimento nonviolento fu chiamato all’inizio “Stop the wave” (“Ferma l’onda”), per poi diventare una vera e propria associazione che, grazie alla prima missione portata a termine, ottenne la sua prima nave, la Rainbow Warrior I, per le operazioni di salvataggio ambientale.
Fu proprio questa nave ad essere affondata il 10 luglio 1985 in Nuova Zelanda a seguito di due esplosioni che ne squarciano lo scafo. La Rainbow Warrior I aveva da poche ore concluso l”’Operazione Exodus” con l’evacuazione dell’atollo di Rongelap, nel Pacifico. Un’evacuazione richiesta proprio da GreenPeace, quando nell’isola si era riscontrata un’incidenza altissima di cancro alla tiroide, di leucemia e di malformazioni fetali causata delle radiazioni dei test nucleari condotti dagli americani nell’atollo tra il 1948 e il 1956. Durante l’affondamento della Rainbow Warrior I perse la vita il fotografo portoghese Fernando Pereira, intento a recuperare del materiale documentario. Alcuni resti della nave, insieme alla campanella furono salvati e portati sulla Rainbow Warrior II, la seconda imbarcazione che Greenpeace riuscì ad acquistare grazie alle donazioni dei suoi sostenitori. La Rainbow Warrior II fu donata in beneficenza al Bangladesh nel 2011 e sostituita dalla prima nave costruita appositamente per le campagne di Greenpeace, la Rainbow Warrior III.
Ma le missioni di Greenpeace non solcano solo le acque e non riguardano solo il tracciamento e lo smaltimento di rifiuti in mare o sulla terraferma. Interessano anche la sensibilizzazione su aspetti comuni della vita quotidiana di ognuno di noi. I volontari ci hanno ad esempio spiegato che ci sono certe imprese, ma anche certe istituzioni politiche, che, ai fini di promuovere una immagine di sé ingannevolmente positiva in relazione all’impatto ambientale o per distogliere l’attenzione dell’opinione dagli effetti negativi per l’ambiente, esercitano il cosiddetto Greenwashing, cioè spacciano prodotti o attività di vario tipo come ecosostenibili quando in realtà non lo sono.
Ho avuto modo di porre alcune ad uno dei nostri relatori, una volontaria di Greenpeace Puglia.
- Qual è l’azione più importante che avete compiuto nella nostra regione?
Greenpeace agisce a livello nazionale. In Puglia un intervento molto importante è stato nel 2014 quello finalizzato ad ottenere che non fosse più alimentata a carbone la centrale Enel ‘Federico II’ di Brindisi, ritenuta una delle fonti più inquinanti d’Europa. In quell’occasione ha fatto tappa a Brindisi la ‘Rainbow Warrior’, impegnata in un tour ambientalista nel Mediterraneo, per promuovere le energie rinnovabili e l’efficienza contro il ricorso a combustibili fossili come il carbone e il petrolio.
- Come possiamo evitare di cadere nella rete del Greenwashing?
Non fatevi irretire dalle pubblicità ingannevoli. Prima di acquistare un prodotto bisogna porsi tre domande:
- È utile?
- È necessario?
- Dopo averlo consumato, dove finisce?
Inoltre, osservate sempre bene ciò che acquistate e alimentate il vostro senso critico. Per esempio, se acquistate una confezione di merendine con l’involucro di carta e poi, aprendola, notate che le merendine sono avvolte in sacchetti di plastica e vi soffermate su questa contraddizione, capirete facilmente che quel prodotto non è poi così ecosostenibile come ve lo ha voluto presentare l’azienda produttrice. Non lo ricomprerete! Così sarete diventati dei consumatori più consapevoli e attenti all’ambiente.
Sicuramente è importante che ci siano così persone come i volontari di associazioni ambientaliste che si impegnino per la difesa e la tutela del nostro ambiente. Ma alla fine di questo incontro abbiamo anche capito quanto sia fondamentale lo sforzo e l’impegno portato avanti da ognuno di noi, se vogliamo davvero salvare il nostro pianeta.
Giosuè Bennardo