Tra le donne del nostro quartiere intervistate in occasione della Giornata Internazionale della Donna c’è anche Katia Scalera, la pasticcera del Bar Moderno, l’unica e (per adesso) la prima pasticcera della famiglia da quando è stato creato questo mitico bar.
Il Bar Moderno è storico qui a Poggiofranco, ma non tutti i ragazzi della nostra età ne conoscono la storia. Ce la racconta?
Volentieri! I miei nonni possedevano una latteria sempre qui, a Poggiofranco, proprio vicino al nostro attuale bar: inizialmente vendevano solo latte, poi passarono anche alla vendita di frutta e verdura. Ad un certo punto si trasferirono in un locale più grande, vicino alla latteria, proprio dove ora si trova il nostro bar.
Prima che nascesse la loro attività a Poggiofranco non c’era quasi niente, solo pascoli e qualche casa qua e là; mio nonno Giovanni avrebbe preferito aprire il bar in un altro quartiere, ma mia nonna Concetta fu più lungimirante di lui e insistette perché la loro creatura nascesse proprio a Poggiofranco, cioè in quella che sarebbe diventata una delle zone più popolose e attive della città. Dopo aver accettato di seguire le intuizioni della sua intraprendente moglie, mio nonno avrebbe chiamato la loro attività Bar Costantinopoli, perché questo nome gli ricordava le grandi imprese del passato; ma ancora una volta fu mia nonna la “mente” creatrice: fu lei infatti a volerlo chiamare Bar Moderno, perché pensava già al futuro, ossia alla modernità. Pian piano loro attività è cresciuta e si è evoluta fino a diventare una vera e propria istituzione, tant’è vero che il 13 dicembre 2021 abbiamo ottenuto la targa di “bar storico”. Comunque io sono stata l’unica donna ad aver messo le “mani in pasta”.
Quando era piccola e le chiedevano cosa avrebbe voluto fare da grande, cosa rispondeva?
“Di tutto! Non era nei miei progetti fare la pasticcera, volevo diventare insegnante. Dopo la scuola media ho frequentato il liceo scientifico, mi sono maturata e ho iniziato a studiare all’università Scienze dell’Educazione. Ma mi sono resa conto che avevo talento in tutt’altro campo e perciò ho deciso di mollare tutto per diventare quello che sono oggi”. Naturalmente ho ripreso a studiare, ho frequentato corsi importanti (lo faccio tuttora) e mi sono dedicata anima e corpo al mio sogno.
Ha incontrato problemi nel suo percorso lavorativo? Quali?
“Ci sono stati dei momenti nei quali abbiamo pensato di non farcela, soprattutto durante il periodo del covid, che per noi è stato uno dei più difficili da superare. E sono stati quelli i momenti in cui “sono entrata in gioco” come imprenditrice più che come pasticcera. Anche per alcuni progetti che consideravo troppo ardui e rischiosi ho temuto di non essere all’altezza, però quando qualcuno ama il proprio lavoro cerca di dare il massimo per poi sentirsi realizzato e contento.
Nel suo lavoro si è ispirata e si ispira a qualcuno in particolare?
“Sì, sono tanti quelli dai quali ho tratto ispirazione e ai quali continuo a ispirarmi: Iginio Massari e la figlia Debora, per fare due nomi illutìstri, ma anche altri pasticceri meno noti; quando non lavoro in pasticceria ho la possibilità di interfacciarmi con chiunque sia pronto a consigliarmi”.
Come si svolge la vita da pasticcera? Ci sono più pasticceri uomini o donne? C’è rivalità tra le donne pasticcere o riuscite ad essere solidali?
“Vivo alla giornata, mi organizzo giorno per giorno, perché il lavoro è complicato anche se fattibile.
Essendo mamma, mi sveglio molto presto .Quando sono libera, dedico la maggior parte del tempo ai miei figli; se invece nel pomeriggio devo lavorare, chiedo aiuto ai miei parenti oppure agli amici.
Le donne che lavorano non si riposano mai, ma se ti appassiona quello che fai senti meno la fatica.
Per quanto riguarda la rivalità, beh sì, in questo mestiere ce n’è tanta: da un po’ di tempo sembra di far parte di uno “show” in cui ognuno vuole dimostrare di saper fare chissà cosa, quando magari non sa fare effettivamente ciò di cui si vanta.
Noi abbiamo un bell’ambiente, ho inserito un paio di ragazze per dare una marcia in più alla nostra azienda”
Ha sempre amato fare dolci? Da cosa ha avuto origine la sua passione?
“Sì, sono sempre stata un’appassionata. Sono nata tra il cioccolato, la panna, la farina e lo zucchero, la pasticceria fa parte della mia famiglia da sempre”.
Qual è il suo dolce preferito da mangiare e da preparare?
“Non ho un dolce preferito, a me piace sperimentare: ci sono periodi in cui mi specializzo e seguo corsi per migliorare tecnicamente le mie preparazioni (come quelli per realizzare al meglio i grandi lievitati, per esempio il panettone), ma ce ne sono altri in cui mi cimento nel creare nuovi dolci e sperimentare nuove creme.”
Sappiamo che lei prepara dolci molto belli oltre che buoni. Qual è il tipo di cliente che li acquista?
“La clientela è molto varia, dipende dall’occasione: si va dai dolci per festeggiare i compleanni dei bimbi ai dolci tipici della tradizione, dolci che a i bambini non piacciono più”
Si è mai sentita discriminata per il fatto di essere donna? Se sì come ha reagito?
“Si, all’inizio soprattutto: ero giovane e donna, per cui i fornitori mi trattavano con sufficienza, come se non fossi all’altezza; molte volte non mi chiedevano nemmeno di cosa avessi bisogno, non mi prendevano sul serio, e questo mi faceva letteralmente infuriare. Poi però li ho affrontati pretendendo che mi guardassero negli occhi quando trattavano con me.”
Ha avuto e ha un motto che le dà coraggio nei momenti difficili?
“Dai Katia, ce la puoi fare! Io penso di non essere mai abbastanza: anche se tutti mi incoraggiano dicendomi che sono brava, spesso non ne sono così sicura, quasi non ci credo. Per questo ho bisogno di ripetermi che ce la posso fare.
A quale immagine vorrebbe che la gente associasse la sua pasticceria?
“Alla qualità: la qualità delle materie prime, del lavoro, dei dipendenti, dei prodotti… Per me la qualità è più importante di tutto il resto, della forma, dell’estetica…”
Giulia Gentile, Mattia Di Marzo