La guerra in Ucraina, nata come operazione-lampo, è ormai arrivata alla terza settimana di combattimenti. Fin dall’inizio l’Europa è stata investita da un’ondata di preoccupazione, accresciuta dall’attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhya. Vivere in un clima del genere fino a poco tempo fa ci sembrava impensabile…
E adesso pronunciamo frasi come “nel 2022 non dovrebbero esserci più guerre”, oppure “ora vedremo come si comporteranno le femministe, se si dovesse rendere obbligatoria la leva per le donne”. Ma che senso ha?
Forse dovremmo riflettere sul fatto che purtroppo sì, nel 2022 c’è ancora la guerra, ma che la guerra c’era anche negli anni scorsi e probabilmente ci sarà anche in seguito; finché la questione non ci ha toccato da vicino, però, abbiamo sempre preferito pensare che paesi evoluti come i nostri non possano esserne interessati. E poi, magari, abbiamo anche pensato che noi facciamo parte della NATO e questo ci ha fatto sentire “al sicuro”. La NATO, infatti, è un’alleanza fra alcuni paesi dell’Europa e gli Stati Uniti; essa rappresenta un legame unico tra questi due continenti, che possono consultarsi e collaborare in materia di difesa e di sicurezza, per condurre insieme operazioni multinazionali di gestione delle crisi. Purtroppo essa ha garantito finora una pace apparente, perché fuori dall’Europa ci sono zone del mondo in cui la guerra non è solo qualcosa che si studia a scuola, ma è una tragica esperienza quotidiana: pensiamo, per riportare solo alcuni esempi, a paesi come il Burkina Faso, (guerriglia tra gruppi etnici differenti), l’Egitto (guerra contro i militanti islamici), la Libia (guerra civile), il Mali (scontri tra esercito e gruppi ribelli), il Mozambico (scontri tra gruppi sovversivi), la Nigeria (guerra contro i militanti islamici), la Repubblica Centrafricana (frequenti scontri armati tra musulmani e cristiani), la Repubblica Democratica del Congo (guerra contro i gruppi ribelli), la Somalia (scontro tra i militanti islamici di al-Shabaab), il Sudan, (guerra contro i gruppi ribelli nel Darfur).
Tornando alla guerra tra Russia e Ucraina, la causa “ufficiale” di tale guerra sarebbe stata la “smilitarizzazione e la denazificazione” dell’Ucraina da parte dei russi, allo scopo di proteggere e tutelare la sicurezza delle popolazioni russofone all’interno del Donbass. Vladimir Putin, inoltre, ha affermato che il termine “ucraina” significa “periferia” e che gli ucraini sono le “guardie di frontiera”, quindi egli considera quel territorio come un’estensione del suo paese e ricorda che Kiev, la capitale dell’Ucraina, è stata la capitale della Russia nel Medioevo. Ancora, Putin è convinto che l’Ucraina non possa rivendicare la propria indipendenza poiché per lui non è mai esistita come “stato”, eludendo in questo modo anni di storia e di trasformazioni territoriali.
Ovviamente queste sono solo sue convinzioni.
In realtà l’Ucraina è molto cresciuta nel tempo e il suo ruolo è diventato importantissimo per la stessa Russia: si pensi al suo suolo scuro e molto fertile che ne ha fatto una frontiera agricola, una “riserva” irrinunciabile, il vero e proprio granaio dell’Unione Sovietica con i suoi 32 milioni di ettari di terra coltivabile, pari a circa un terzo dei campi dell’intera Unione Europea.
Tra l’altro gli ucraini, nel corso della loro storia, hanno sempre avuto difficoltà ad affermarsi e hanno subito diversi soprusi: ricordiamo, ad esempio, ciò che successe nel tardo Medioevo, quando la lingua ucraina si distinse dal polacco e dal russo in virtù della nascita di un’identità ucraina; eppure il suo impiego fu vietato dallo zar Alessandro II, tanto che scrivere e parlare in pubblico in ucraino era considerato un atto fuori legge.
Oltre all’impatto che la guerra ha a livello politico, dovremmo interessarci all’impatto che ha sulle persone. Mi ha molto colpita sapere che durante un attacco, un soldato russo è scoppiato a piangere e ha abbassato le armi… È stato accolto da alcune donne ucraine, che gli hanno offerto cibo per calmarlo e un telefono per rassicurare i suoi genitori: ”Il vostro ragazzo sta bene, è salvo”. Questo episodio tocca il cuore. E fa molto riflettere anche il fatto che Putin, per raggiungere i suoi scopi, calpesti chiunque gli impedisca di ottenere ciò che vuole e di affermarsi come leader. Persino gli stessi russi contrari alla guerra che hanno organizzato manifestazioni, sono stati da lui prontamente fermati.
Uno dei manifestanti aveva un cartellone con una semplice scritta, “NO WAR”: lui l’ha reputato oltraggioso e lo ha fatto arrestare; un altro mostrava un cartellone con un’immagine davvero veritiera: Adolf Hitler che poggiava la mano sulla guancia di Putin, come ad assicurargli il suo appoggio… Anche lui è stato “punito”.
Davvero drammatico… Putin non dà la possibilità al “suo” popolo di esprimere un’opinione; persino il capo dell’FSB (i servizi segreti russi), quando si è trovato a dialogare con lui, tremava e parlava in modo molto lento e insicuro: per non incorrere in conseguenze non solo diplomatiche, sapeva di dover dosare bene le parole e di non poter dire ciò che pensava realmente.
E’ estremamente doloroso prenderne atto, ma quanto sta accadendo ci colpisce e ci riguarda.
Irene Marino (Liceo delle Scienze Applicate Margherita Hack)